L’alternativo cerca il suo posto in portafoglio (capitolo secondo)

A cura di Sara Silano, Morningstar
“I fondi alternativi devono ancora trovare il loro posto in portafoglio”. Lo abbiamo scritto in un recente editoriale basato su un’analisi dell’universo americano. Ripetiamo il copione oggi, ma i protagonisti sono gli strumenti europei che adottano strategie simili agli hedge fund.
Grazie alla collaborazione tra il team italiano (un ringraziamento particolare a Mauro Zambotti per l’aiuto nell’estrazione dei dati dalla piattaforma Morningstar Direct) e i ricercatori sulle strategie alternative di Morningstar, Jason Kephart e Maciej Kowara, già autori del precedente studio, abbiamo messo alla prova i fondi alternativi Ucits europei.
L’obiettivo è stato quello di cercare di rispondere alla domanda: quali sono i benefici dei cosiddetti liquide alternative in termini di diversificazione di un portafoglio tradizionale?
Gli alternativi in un portafoglio 60/40
Le Categorie Morningstar di fondi esaminati sono state: Global macro, Long/short debt, Long/short equity Europe, Market Neutral, Multistrategy e Systematic future. Abbiamo inserito nell’analisi anche i comparti specializzati sulle materie prime, che sono storicamente considerati strumenti di diversificazione. Come nel caso americano, la capacità di creare valore è stata misurata prendendo a riferimento l’allocazione tradizionale 60/40, ma utilizzando degli indici in euro. In particolare, per la componente azionaria (60%) sono stati impiegati gli indici Msci Europe (45%) e Msci World (15%); per quella di reddito fisso, i benchmark sono stati Bloomberg Barclays Euro aggregate bond (35%) e Bloomberg Barclays Pan European high yield (5%). L’intervallo temporale va da inizio 2010 a fine 2017.
Il test
I ricercatori di Morningstar hanno incorporato le correlazioni di ciascun fondo e il suo rendimento aggiustato per il rischio in uno schema che permette di verificare la capacità di aggiungere valore a un portafoglio composto solo da obbligazioni e azioni. L’indicatore utilizzato è stato l’indice di Sharpe. I risultati sono stati raggruppati in tre insiemi: i fondi che hanno apportato un miglioramento al portafoglio 60/40 superiore al 10%, tra l’1 e il 10 % e nullo.
Come si può vedere nel grafico qui sotto, nella maggior parte dei casi, le strategie alternative hanno fallito l’obiettivo di aggiungere valore rispetto a un asset allocation tradizionale composta da azioni e obbligazioni. Ad esempio, i fondi Multistrategy sono riusciti a migliorarlo per più del 10% solo in quattro casi su 63; i global macro hanno mancato questo target. Un po’ meglio si sono comportati i comparti Long/short debt e Market neutral.
Diversificazione dei fondi alternativi in un portafoglio tradizionale
Qualche precisazione per concludere
I risultati sono in linea con quelli ottenuti negli Stati Uniti e necessitano delle stesse precisazioni. Innanzitutto, non considerano i fondi liquidati o fusi in altri; in secondo luogo andrebbero verificati su un intero ciclo di mercato, ma essendo prodotti relativamente giovani non è ancora possibile. Sicuramente possono aiutare a riflettere sul giusto posto dei fondi alternativi in portafoglio, anche in considerazione del fatto che hanno ricevuto flussi di capitali significativi negli ultimi anni.
Flussi nei fondi alternativi dal 2010 al 2017
 

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