Puntare sulle A shares cinesi? La view di East Capital

A cura di Dmitriy Vlasov, Portfolio Manager di East Capital
Quest’anno il mercato delle A shares ha sottoperformato, registrando una flessione del 24,2% in dollari e portando le valutazioni prossime al livello minimo. Allo stesso tempo, nonostante l’indebolimento dell’economia cinese e l’impatto previsto dei dazi, il contesto macroeconomico si mantiene solido. Il PIL della Cina è in linea con l’obiettivo di crescita di quest’anno, pari al 6,5%, mentre gli utili societari dovrebbero crescere di un valore compreso tra il 12% e il 14% su base annua. Le tensioni commerciali sino-americane hanno cambiato le priorità del governo cinese e la riduzione della leva finanziaria non è più l’obiettivo politico più importante a breve termine. Al contrario, i responsabili politici cinesi hanno recentemente iniziato ad adottare politiche di sostegno, in particolare modifiche alla tassazione delle imprese e delle persone fisiche, aumenti degli sgravi fiscali per le imprese che si occupano di ricerca & sviluppo e aumenti della spesa per le infrastrutture. Nei prossimi mesi ci si può aspettare di più.
È piuttosto semplice intuire perché il mercato delle A shares sia attraente. Con una capitalizzazione di mercato prossima ai 6.500 miliardi di dollari, quello delle A share è il secondo mercato mondiale dopo gli Stati Uniti. Ad oggi, ci sono più di 3.600 società quotate sulle borse di Shanghai e Shenzhen – un numero più che sufficiente a garantire la costruzione di un portafoglio di società interessanti ben diversificato e liquido. Infatti, per quanto quest’anno il dato sia stato al di sotto della media a causa del sentiment su cui hanno pesato le tensioni geopolitiche e la continuazione del deleveraging, la liquidità del mercato delle A shares si attesta su ottimi livelli. Il turnover medio giornaliero è di circa 60 miliardi di dollari, mentre il dato per la borsa di Hong Kong si attesta sui 15 miliardi.
A differenza della maggior parte degli altri mercati emergenti, la presenza straniera nel mercato delle A shares è molto ridotta – attualmente gli investitori esteri rappresentano circa il 2% della capitalizzazione totale del mercato. Si prevede un cambiamento in futuro, spinto dalla decisione dell’MSCI di includere le azioni nazionali cinesi nei suoi indici globali. Il primo passo del processo di inclusione è stato implementato all’inizio di quest’anno – in totale sono state aggiunte 236 A shares cinesi, per un peso pari allo 0,8% nell’indice MSCI Emerging Markets. Positivo è stato anche l’annuncio di settembre dell’MSCI riguardante l’avvio di un processo di consultazione per aumentare il fattore di inclusione delle A shares dall’attuale 5% al 20%, e potenzialmente aggiungere Chinext (un mercato in stile Nasdaq della Shenzhen Stock Exchange) e titoli a media capitalizzazione. Il peso delle A shares nell’indice dei mercati emergenti MSCI potrebbe quindi raggiungere il 2,8% nell’agosto del 2019 e quindi il 3,4% nel maggio 2020.
A settembre, inoltre, FTSE Russel ha annunciato di aver classificato il mercato A share cinese come Mercato Emergente Secondario, con un peso del 5,5% entro marzo 2020. Si può quindi prevedere che i gestori e gli investitori stranieri assumeranno un ruolo molto più significativo, raggiungendo potenzialmente quasi il 10% della capitalizzazione totale del mercato delle A shares entro la fine del periodo di inclusione. Ciò si tradurrà in ulteriori afflussi compresi tra i 30 miliardi e i 60 miliardi di dollari l’anno fino al raggiungimento della piena inclusione. Quest’anno i fondi esteri hanno aumentato l’esposizione alle A shares – il totale degli afflussi da inizio anno tramite il programma Connect da Hong Kong alla Cina continentale era pari a 39,2 miliardi di dollari alla fine di settembre.
La ben nota peculiarità del mercato domestico è la prevalenza degli investitori retail e dell’alto livello di inefficienza informativa. Il governo cinese si sta impegnando per istituzionalizzare il mercato e introdurre il capitale a lungo termine, e abbiamo notato alcuni miglioramenti da quando abbiamo iniziato ad investire in questo mercato nel 2013. Ma il 70-80% dei volumi di scambio sono ancora attribuibili agli investitori retail, che tendono a concentrarsi sul movimento dei prezzi dei titoli a breve termine e sui flussi di notizie rispetto piuttosto che sui fondamentali a più lungo termine. Questa, unitamente agli elevati volumi di scambio, è probabilmente la principale causa della volatilità delle A shares.
I gestori di portafogli attivi e focalizzati sui fondamentali, con un orizzonte di più lungo termine e processi di investimento disciplinati, sono in una buona posizione per trarre vantaggio da questa volatilità e generare considerevoli livelli di alfa. Data la natura inefficiente delle A shares cinesi, l’approccio attivo di stock-picking è del tutto giustificato per questo mercato, mentre l’acquisizione di esposizione attraverso strumenti passivi potrebbe comportare una performance inferiore.
Inoltre, le A shares mostrano un basso livello di correlazione con gli altri mercati – ad esempio le A shares hanno una correlazione rispettivamente pari a 0,33, 0,32 e 0,4 con gli indici MSCI World, MSCI Europe e MSCI Emerging Markets. In quanto tale, l’inclusione delle A shares può comportare benefici aggiuntivi per la costruzione di portafogli efficienti. Riteniamo inoltre che nel tempo la volatilità del mercato delle A shares si ridurrà con la graduale introduzione sul mercato di capitale a più lungo termine, sia nazionale che estero.
Un’altra caratteristica del mercato A share è la più ampia diversificazione tra i diversi settori. L’MSCI China, un indice primario di società cinesi quotate ad Hong Kong e negli Stati Uniti e seguito da investitori internazionali, è fortemente sbilanciato verso i settori IT e Internet, che rappresentano quasi il 45% dell’indice, nonché verso le grandi banche cinesi controllate dallo Stato (14%). Il mercato delle A shares ha un’esposizione molto più elevata nei settori legati ai consumi, all’ambiente, ai veicoli elettrici, all’automazione e all’industria dei servizi.

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