Performance di mercato: due fattori in primo piano

Di T. Nangle, resp. global asset allocation e M. Bhandari, gestore, Columbia Threadneedle Inv.

La performance dei mercati finanziari può essere interpretata in larga misura alla luce di due fattori: il livello potenziale dei flussi di cassa futuri derivanti dalla detenzione di un attivo e il tasso di sconto a essi applicato. Gli sviluppi dell’economia mondiale influiscono sia sui livelli dei flussi di cassa (come i dividendi azionari, i riacquisti di azioni proprie o la probabilità di pagamento delle cedole delle obbligazioni societarie) sia sulle condizioni finanziarie. Nel 2018 questi fattori si sono mossi in direzioni opposte.

Il vigore dell’economia globale è stato in linea con le nostre aspettative, ma la composizione della crescita ci ha colto di sorpresa. L’economia statunitense ha superato le nostre previsioni, mentre la ripresa europea ha segnato il passo. La sovraperformance degli Stati Uniti è ascrivibile in parte all’ampio programma di stimolo fiscale, che a nostro avviso in definitiva sarà giudicato intempestivo, e in parte all’impulso derivante dalle condizioni finanziarie favorevoli.

Guardando ai mercati, l’ottimo andamento dell’economia è stato accompagnato da una sovraperformance delle azioni statunitensi. Tuttavia, una più attenta analisi rivela che, sebbene nel complesso le società quotate negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone abbiano beneficiato per tutto l’anno di revisioni al rialzo dei ricavi e degli utili, questa dinamica è stata particolarmente pronunciata per le aziende statunitensi operanti nei settori tecnologico e della salute. Ciò è stato osservato parallelamente all’attuazione di politiche commerciali protezionistiche unilaterali.

Europa

Il dinamismo dell’economia europea rispetto ad altre regioni è all’origine del nostro giudizio stabilmente positivo nei confronti delle azioni del Vecchio Continente (Regno Unito escluso). Tuttavia, dopo un andamento sostenuto per tutto il 2017, quest’anno l’economia ha fatto un passo indietro sulla scia degli sviluppi in Italia e dell’incertezza sul fronte del commercio globale. Nelle ultime settimane, però, i dati sugli utili sono stati favorevoli e le revisioni al rialzo degli analisti hanno interessato tutti i settori del mercato europeo (Regno Unito escluso), e principalmente l’energia. I salari hanno iniziato ad aumentare, ma è probabile che ciò dia impulso a un circolo virtuoso di risanamento economico ancora alle fasi iniziali dopo la crisi del debito sovrano dell’Eurozona, che ha destabilizzato la ripresa dell’Europa dalla crisi finanziaria globale di 10 anni fa.

Le imprese europee lamentano una carenza di manodopera, ma anche di capitali e di beni strumentali, il che preannuncia un contesto più favorevole per la spesa per investimenti e l’attività di investimento. Scorgiamo inoltre segnali positivi in Germania, dove i dati sulla produzione manifatturiera hanno raggiunto il punto di minimo e si registra un’accelerazione della domanda interna.

I nostri portafogli azionari europei sono nel complesso neutrali sull’Italia, ma nutriamo seri timori sul modo in cui sarà gestita la prossima recessione, alla luce del maggiore indebitamento del paese. Tra l’altro, i portafogli europei sottopesano il valore rispetto alla crescita di qualità, seppur in misura minore rispetto agli ultimi anni. La posizione settoriale più ampia è il sovrappeso sui titoli industriali rispetto a quelli finanziari, per trarre beneficio dall’espansione ciclica. Nel contesto di crescita economica da noi previsto gli utili bancari potrebbero aumentare rapidamente, ma non è chiaro se ogni impulso al reddito dovrà fare i conti con rinnovate pressioni regolamentari verso il rafforzamento dei coefficienti patrimoniali o la distribuzione di capitale ad altri soggetti coinvolti.

Nel frattempo, in Giappone prosegue la ripresa di lungo periodo e finora le insidie politiche sono state evitate, mentre i cambiamenti strutturali continuano a pieno ritmo. Più che un fattore di stimolo, l’esposizione alla crescita della domanda cinese è divenuta fonte di preoccupazione, e il Giappone è stato tutt’altro che immune dal deprezzamento che ha colpito altri mercati asiatici. Il nostro scenario di riferimento per l’Asia (Giappone escluso) prevede fondamentali persistentemente solidi che giustificano prospettive favorevoli per le azioni, ma questa analisi ha risentito notevolmente degli interventi protezionistici di Washington. Riteniamo che la netta flessione delle valutazioni osservata quest’anno rappresenti un deprezzamento del mercato più che una misura del crollo che potrebbero subire gli utili futuri.

Soffermandoci più specificamente sulle condizioni finanziarie, abbiamo assistito a un calo delle valutazioni piuttosto pronunciato in tutti i mercati azionari. Questa dinamica ha coinciso con un aumento dei rendimenti dei titoli di Stato e con il progressivo innalzamento dei tassi d’interesse USA a opera della Federal Reserve. Nonostante l’incremento dei rendimenti, continuiamo a diffidare dei titoli di Stato. Secondo le nostre stime, la capacità inutilizzata nell’economia statunitense è ridotta, di conseguenza è improbabile che la Fed rallenti il suo processo di inasprimento nel prossimo futuro. Inoltre, i tentativi di invertire la globalizzazione reintrodurranno strozzature dal lato dell’offerta di beni e servizi che non promettono nulla di buono per il trade off tra crescita e inflazione.

Al di fuori degli Stati Uniti, i rendimenti delle obbligazioni europee sono troppo bassi rispetto alle stime del tasso neutrale e attualmente nei portafogli obbligazionari ciò si traduce in una maggiore presenza dei titoli di Stato USA rispetto a quelli europei. Le prospettive dei Gilt dipendono dall’esito della Brexit e non vi sono certezze sull’andamento dei loro rendimenti nei diversi scenari potenziali dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE. I premi al rischio di credito appaiono ragionevoli e in linea con le medie di lungo periodo. Sebbene il volume del debito corporate sia molto elevato in termini storici, attualmente anche il parametro creditizio più importante, ossia la copertura degli oneri finanziari, è nettamente maggiore.

Quali sono le implicazioni per noi?

Quest’anno abbiamo assistito a continue revisioni al rialzo delle stime relative agli utili e ai ricavi in tutti i mercati sviluppati, dal momento che le prospettive economiche non hanno risentito del protezionismo. Abbiamo osservato gli interventi della Cina sul fronte della politica monetaria e fiscale finalizzati a compensare l’impatto negativo dei dazi doganali statunitensi. Inoltre, l’aumento dei tassi di sconto nei mercati azionari, dei titoli di Stato e delle obbligazioni societarie ha penalizzato gli investitori che cercavano rifugio negli attivi “sicuri” con i rendimenti più contenuti, ma esposti all’incremento sincronizzato dei tassi di sconto.

I mercati finanziari appaiono fragili, ma la protezione offerta dagli attivi “sicuri” sembra destinata a rimanere illusoria. Continuiamo quindi a privilegiare le azioni, gli immobili e le materie prime, tenendo gli occhi bene aperti. In ambito azionario privilegiamo i mercati che evidenziano un’espansione degli utili sottovalutata in aree geografiche che dovrebbero beneficiare della crescita economica globale persistentemente sostenuta.

Panoramica dell’asset allocation

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