Brexit, ecco i tre scenari possibili

A cura di Pieter Jansen, Senior Strategist Multi Asset di NN Investment Partners

Nelle ultime settimane è emerso chiaramente che è alquanto improbabile che venga raggiunto un accordo sulla Brexit entro la fine di ottobre. Ci sono forti pressioni affinché venga trovato un compromesso che sia approvato dal Parlamento inglese entro la fine dell’anno. Una delle difficoltà maggiori riguarda la questione del confine con l’Irlanda. Dal momento che l’Irlanda del Nord è parte del Regno Unito, il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord sarebbe una frontiera esterna tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Un altro elemento che contribuisce a complicare la situazione è che il Primo Ministro May ha bisogno che l’accordo sia approvato dal Parlamento. I conservatori godono solo di una piccola maggioranza con il supporto del Partito Unionista Democratico (DUP). A tutto ciò si aggiunge il fatto che il referendum si è limitato a chiedere ai cittadini soltanto se volessero lasciare l’Unione e non che tipo di relazione volessero con quest’ultima. Una soluzione per una soft Brexit potrebbe non contare sul supporto di coloro tra i conservatori che invece spingono per una hard Brexit e anche all’interno del governo stesso ci sono visioni divergenti. A nostro avviso esistono tre possibili scenari.

Primo Scenario: nessun accordo raggiunto (probabilità del 20%)

Questo scenario può essere innescato sia dall’incapacità del governo inglese di raggiungere un accordo con l’UE sia dall’eventualità che quest’ultimo venga respinto dal Parlamento. La mancanza di un’intesa determinerebbe una situazione caotica che potrebbe portare a nuove elezioni. In questo scenario ci aspetteremmo di assistere a un brusco calo del tasso di cambio della sterlina nei confronti di tutti i partner commerciali e a una forte diminuzione della crescita che potrebbe spingere l’economia del Regno Unito verso la recessione, mentre l’inflazione potrebbe aumentare a causa dei costi di importazione più alti. Riteniamo che per far fronte alla recessione, la BoE reagirebbe con un significativo allentamento della politica monetaria. L’epicentro sarebbe il Regno Unito, ma ci sarebbero anche ripercussioni economiche negative per l’UE e soprattutto per i paesi esposti attraverso le esportazioni al Regno Unito. A nostro avviso ci sarebbe anche qualche effetto sugli asset rischiosi globali (azionario sotto pressione) e una fuga verso quelli sicuri (calo dei rendimenti dei titoli di Stato globali). Tuttavia, l’impatto sugli asset del Regno Unito sarebbe più elevato che altrove e ne soffrirebbero tutti i settori dell’azionario del paese. Data la complessa situazione politica, non ci sentiamo di escludere questo scenario. Tuttavia, nel caso non venga raggiunto un compromesso, è probabile che la deadline per trovare un accordo venga prolungata, dal momento che senza di esso ci rimetterebbero dal punto di vista economico sia sul fronte UE che nel Regno Unito.

Secondo Scenario: soft Brexit (probabilità del 40%)

Questo scenario prevede che il Regno Unito continui a far parte del mercato unico con conseguenze meno dirompenti sul commercio. Questo implicherebbe che non ci sarebbe bisogno di (significativi) controlli al confine tra Irlanda e Irlanda del Nord. La sfida sarebbe quella di fare approvare questo tipo di intesa dal Parlamento, poiché incontrerebbe l’opposizione dei sostenitori di una hard Brexit. In questo caso, la premier May dovrebbe contare sul supporto di alcuni membri del Labour Party. Ad ogni modo, in caso di successo, l’impatto economico negativo sarebbe limitato. Il tasso di cambio della sterlina riguadagnerebbe un po’ di quel terreno perso dal referendum a la BoE potrebbe proseguire nel suo percorso rialzista, spingendo i rendimenti dei GILT verso l’alto. Per quanto riguarda l’azionario, invece, le società nazionali potrebbero sovraperfomare quelle internazionali.

Terzo Scenario: hard Brexit (probabilità del 40%)

Questo scenario non differisce molto dal primo. Una differenza fondamentale sarebbe che nel caso venga trovato un accordo con l’UE che passi regolarmente dal Parlamento, i suoi effetti sarebbero già scontati dai mercati. Sarebbe comunque una sfida far approvare dal Parlamento un accordo per una hard Brexit. Questa implicherebbe che il Regno Unito non faccia parte del mercato unico, il che comporterebbe che le merci debbano essere sdoganate prima di attraversare il confine. Il Primo Ministro May non avrebbe in questo caso il supporto del partner nordirlandese DUP per un confine rigido tra l’Irlanda e l’Irlanda del Nord o tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito. Il venir meno del supporto del DUP, potrebbe causare la caduta del governo stesso e portare a nuove elezioni. In termini di impatto economico, ci sarebbero conseguenze sul commercio, sulla crescita potenziale (soprattutto nel Regno Unito e un effetto limitato sui suoi partner commerciali). Ciò potrebbe determinare un lieve rallentamento della crescita del Regno Unito. A nostro avviso questo scenario è stato in parte già prezzato dal mercato e pertanto non dovrebbe innescare una brusca reazione dei mercati finanziari. La sterlina probabilmente si andrebbe a indebolire leggermente rispetto ai partner commerciali e il ciclo di rialzi della BoE potrebbe fermarsi o potremmo assistere ad un’inversione di tendenza degli aumenti dei tassi in caso di deterioramento delle condizioni economiche nel Regno Unito. Ci aspetteremmo un impatto limitato sui mercati globali. Per quanto riguarda l’azionario inglese, a nostro avviso, le società più internazionalizzate andrebbero a sovraperformare quelle nazionali.

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