La macro oscura la micro

A cura di Olivier De Berranger, Chief Investment Officer di La Financière de l’Echiquier
All’indomani del violento storno registrato nelle ultime due settimane i mercati azionari non riescono a rimbalzare. Con le prime pubblicazioni dei risultati trimestrali era lecito sperare che la microeconomia accorresse in aiuto della macro e del sentiment sul mercato. Eppure non è successo.
Certamente alcuni tra i primi risultati pubblicati sono stati buoni sia da un lato che dall’altro dell’Atlantico. Ad aprire le danze, negli USA, sono state le banche con dei dati complessivamente buoni ad eccezione di JP Morgan Chase. NETFLIX ha registrato un’impennata, grazie alle sorprese positive in termini di redditività ma soprattutto al nuovo incremento del numero degli abbonati.
In Europa, l’andamento in borsa di ASML, TEMENOS, CARREFOUR o ancora di PUBLICIS è stato sostenuto dalle buone trimestrali mentre altri, come IBM o SAP hanno deluso. Infine, e soprattutto, sono stati annunciati vari profit warning tra cui BOUYGUES, WESSANEN e FRESENIUS.
Un bilancio in chiaroscuro quindi in Europa al termine di queste prime pubblicazioni che stentano a far dimenticare le preoccupazioni che si sono materializzate con la recente correzione sul mercato. Tra l’altro, alcuni di questi timori si sono nuovamente acuiti nel corso della settimana a causa dei tassi americani e dell’Italia.
Come c’era da aspettarselo, sottolineando una deviazione “senza precedenti nella storia del Patto di Stabilità e di Crescita”, la Commissione Europea ha richiesto dei «chiarimenti» entro il 22 ottobre al governo italiano in merito al bilancio 2019. Se il premier Giuseppe Conte ha detto trattarsi di un «normale» scambio tra la Commissione e gli Stati Membri e che l’Italia era pronta a rispondere alle osservazioni di Bruxelles, il Vice-Premier Matteo Salvini ha dichiarato “non cambiamo di una virgola”.
Queste dichiarazioni hanno spinto i tassi a 10 anni oltre al 3,7%, che non era più stato toccato dal 2014. Venerdì, il Commissario europeo per gli Affari economici Pierre Moscovici, in visita a Roma, si è nonostante tutto dimostrato accomodante dichiarando: «Anche se non siamo d’accordo dobbiamo trovare delle soluzioni con l’Italia».
Benché non abbiano fornito elementi nuovi rispetto alle ultime dichiarazioni dei membri della Fed e di Jerome Powell in particolare, i «verbali» dell’ultima riunione del FOMC pubblicati a metà settimana sono stati all’origine di altre reazioni sui mercati con l’aumento dei tassi a lungo termine americani e del dollaro e il calo delle azioni sulla scia di una nuova ondata di avversione al rischio… che in un classico movimento di flight to quality ha finito per decretare una discesa dei tassi a lungo termine.
Le prossime pubblicazioni riusciranno forse a catalizzare l’attenzione degli investitori. Se i mercati cambieranno focus è più probabile che si concentrino sulle elezioni di mid-term negli Stati Uniti il prossimo 6 novembre.

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