Azionario Usa, è tempo di diversificare?

A cura di Peter van der Welle, strategist di Robeco

Una delle decisioni più difficili per gli investitori è la scelta di allocazione tra le diverse asset class, in particolare in un periodo come quello attuale in cui la correlazione tra azioni e obbligazioni è cresciuta, con l’obbligazionario che non è più la fonte di diversificazione ideale. La correlazione tra i bond a scadenza decennale e l’azionario tende a crescere quando le politiche monetarie delle banche centrali si fanno più stringenti e ci si avvicina a un picco dei tassi. Considerate le previsioni secondo cui la Fed raggiungerà questo massimo nei prossimi due anni e mezzo, la correlazione tra gli asset a cui abbiamo assistito in passato non sarà la stessa del futuro.

Per orientarsi in questa fase di transizione, uno degli strumenti a disposizione degli investitori è l’equity risk premium, che descrive sia il premio raccolto dagli investitori nel tempo dall’azionario rispetto a un investimento a rischio zero (l’ERP ex-post o realizzato) sia il premio che gli investitori si aspettano di raccogliere, ossia la differenza tra le prospettive di rendimento di un portafoglio azionario rispetto al tasso risk-free (l’ERP ex-ante)

Gli ERP forward-looking dei Paesi sviluppati, calcolati come le previsioni degli utili sui prossimi dodici mesi meno il rendimento corrispondente dei titoli di Stato a scadenza decenalle del Paese stesso, mostrano che la dispersione tra gli equity risk premia dei mercati sviluppati è cresciuta negli ultimi anni, riflettendo le diverse prospettive di mercato del rapporto azioni-obbligazioni per i vari Paesi.

Dimson, Marsh e Staunton della London School of Economics hanno analizzato i dati dal 1900 a oggi e hanno rilevato che l’ERP realizzato per l’azionario USA è pari al 4,4%, mentre per quanto riguarda il resto del mondo il dato si ferma al 2,8%. Il legame tra economia reale e il premio per il rischio azionario nel mercato domestico rimane un’incognita, dato che l’ERP appare significativo se confrontato con l’attività economica sottostante.

Quali sono le ricadute di questa dispersione dei premi sulle scelte di investimento tra azionario e obbligazionario per i prossimi cinque anni? Se confrontiamo non più le serie storiche ma i dati attuali dell’ERP degli USA con quelli del premio per il rischio azionario del resto del mondo risulta evidente che ci troviamo in una fase unica del ciclo azionario. Nella storia recente non sì è mai registrato un valore così basso dell’ERP USA rispetto al resto del mondo, infatti il dato attuale è il minimo degli ultimi 33 anni.

A prima vista questo dato appare estremamente negativo per l’azionario USA. In passato i minimi nel rapporto tra ERP statunitense ed ERP globale sono stati registrati a marzo nel 2000 e a maggio nel 2006, e in entrambi i casi si trattava di valori meno estremi di quello attuale. Questi dati hanno preannunciato il raggiungimento del picco della crescita dello S&P 500, che hanno anticipato di 3 e 18 mesi rispettivamente.

Un’interpretazione più ottimistica potrebbe essere data dall’assunto che “questa volta è diverso”. L’equity risk premium USA potrebbe essere basso a causa di una più ridotta avversione al rischio, o alle richieste relativamente più contenute degli investitori sull’azionario statunitense dovute alle aspettative di una volatilità macro ridotta, risultante da un’economia USA spinta dal settore tecnologico e con la riforma fiscale a fare da volano. Tuttavia, “questa volta è diverso” si è dimostrata essere una spiegazione molto rischiosa in ambito finanziario. Quindi, se questa volta non è diverso, il programma di Trump di riduzione delle tasse per le società e di stimolo fiscale finirà, oppure le manovre protezionistiche potrebbero avere un effetto controproducente, creando elevati livelli di incertezza macroeconomica per i partecipanti del mercato USA.

Diversificare l’esposizione sull’azionario allontanandosi dall’equity USA potrebbe essere premiante su un arco di tempo che va da uno a tre anni, dato che la compensazione per il rischio azionario statunitense dovrebbe essere ridotto rispetto al resto del mondo. Su base quinquennale, tuttavia, il mercato azionario USA dovrebbe recuperare ed allinearsi ai rendimenti azionari globali.

Nel prossimo quinquennio la strada che porta ad alti rendimenti negli USA appare disseminata di ostacoli. Il mercato del lavoro è saturo e i limiti di capacità che stanno emergendo spingeranno la Fed a continuare nella propria politica monetaria restrittiva per evitare un surriscaldamento dell’economia. Dato che circa l’80% degli utili statunitensi sono generati a livello domestico, andando avanti la redditività delle imprese ne verrà intaccata. Anche l’aumento dei dazi in un contesto di crescita del protezionismo andrà ad inficiare i margini delle società, soprattutto visto che vanno a limitare il livello di allentamento che le Banche Centrali possono adottare per le proprie politiche.

In assenza di un significativo miglioramento della produttività, non sorprenderebbe vedere gli investitori rispondere a questo contesto di crescente incertezza macroeconomica chiedendo un premio per il rischio azionario superiore rispetto al resto del mondo, che andrebbe a ridurre i guadagni in conto capitale rispetto al resto del mondo. Questo si è verificato anche prima della recessione USA nel 1991 e della Grande Recessione, mentre non è accaduto nel 2001, quando il mercato era spinto da quella che Shiller ha definito “esuberanza irrazionale”. Una continuazione della polarizzazione che sta caratterizzando lo scenario politico USA contribuirebbe al crescere dell’incertezza, andando a complicare la comprensione da parte degli investitori delle “regole del gioco”, come sta succedendo in alcune parti dell’Eurozona. Dato che il mercato è attualmente caratterizzato più da una serie di preoccupazioni che dall’esuberanza, è plausibile aspettarsi una reazione di risk-off classica al crescere dell’instabilità macroeconomica negli USA, prima di raggiungere una fase di recessione nel 2021.

Il premio per il rischio azionario degli USA potrebbe appiattirsi o passare addirittura in campo negativo rispetto ai premi nel resto del mondo nell’arco dei prossimi cinque anni. Questo significa che i Treasury diventerebbero protagonisti e diversificare al di fuori dell’azionario statunitense investendo in altre regioni potrebbe essere premiante. L’orizzonte temporale e la path dependency rimangono tuttavia fattori chiave. Per quanto questa volta potrebbe davvero “non essere diverso”, in un mondo in cui gli Stati Uniti continuano a essere la superpotenza finanziaria da battere, il costo-opportunità della diversificazione, uscendo troppo presto dall’azionario USA, potrebbe essere elevato.

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