Sterlina e renmimbi in sofferenza ancora per un po’

Di Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy e Vincent Mivelaz, analista di Swissquote

In mancanza di un chiaro segnale di avanzamento nei colloqui che dovrebbero gestire al meglio il passaggio della Brexit, gli investitori si sono focalizzati sulla presentazione della manovra finanziaria del governo britannico presentata dal Cancelliere Philip Hammond. Tuttavia, nonostante l’accordo dei Conservatori, la sterlina ha imboccato una strada discendente che l’ha di fatto inserita tra i peggiori intradayloser.

La visione dei trader sulla moneta di Sua Maestà rimane dunque ribassista, anche considerando il fatto che il deficit previsto dal governo di 15 miliardi di sterline è destinato a lievitare all’1,40% del Pil il prossimo anno (nella parte alta della forchetta 1,20-1,40% prevista per l’intero 2018) in base ad un piano che stima di gonfiare la spesa per la salute e per l’edilizia. Si tratta di una mossa che va politicamente a supporto di Theresa May, in quanto prende in considerazione il fatto che verrà raggiunto un accordo con l’Unione Europea sulla Brexit entro il 29 marzo 2019, nonostante il mercato sembri scontare l’esatto contrario. Infatti, rimangono i nodi irrisolti dell’Irlanda del Nord, rispetto ai quali non è atteso alcun progresso nel prossimo Consiglio dei ministri europeo programmato per metà dicembre. Pertanto, ci aspettiamo che la sterlina, che si sta dirigendo verso il supporto di 1,2760, prosegua il suo movimento in discesa, dal momento che le aspettative degli investitori convergono sul fatto che ci sarà più tempo per negoziare.

Dall’altra parte del globo, il Renmimbi ha toccato l’ennesimo minimo contro il dollaro dal 2008 sulla notizia che gli Stati Uniti starebbero approntando nuove tariffe su ulteriori merci cinesi nel caso in cui i colloqui di fine novembre tra Trump e Xi Jinping dovessero fallire. Nonostante i nuovi dazi americani per 257 miliardi di dollari dovrebbero entrare in vigore da dicembre, Pechino ha una potenza di fuoco fiscale e monetaria tale da riuscire a ribilanciare e supportare la domanda mantenendosi sui binari della crescita. Non si può nemmeno escludere un boomerang per il Presidente americano, dal momento che il surplus di capitali cinesi viene poi reinvestito in Treasuries americani, un elemento che permette agli Usa di gestire il deficit a stelle e strisce con poche conseguenze sui tassi d’interesse.

Rimuovere il surplus cinese naturalmente causerebbe un aggravio dei costi di finanziamento per lo zio Tom. Nonostante ciò, i mercati sembrerebbero continuare ad essere ribassisti sul fronte cinese, mentre gli asset americani finora hanno sofferto solo marginalmente le vendite.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!