Elezioni di midterm Usa e mercati: cosa c’è in gioco?

A cura di DoubleLine Capital, manager delle strategie di Nordea AM US Total Return Bond e US Bond Opportunities
È necessario esaminare tutti i possibili risultati separatamente. I democratici si trovano ad affrontare una mappa alquanto sfidante al senato in questo ciclo elettorale, con ben otto dei senatori che devono essere rieletti appartenenti a stati schieratisi a favore di Trump nel 2016. Le speranze estive dei democratici (o se vogliamo le paure dei repubblicani) di vedere un cambiamento della leadership della camera senatoria sembrano essere state premature. A questo punto, lo scenario più probabile è che il partito repubblicano mantenga la sua stretta maggioranza, incrementandola di un seggio. È da considerarsi, tuttavia, che queste previsioni scaturiscono da sondaggi che si sono rivelati meno affidabili del solito negli ultimi anni. Perciò, nonostante i giochi debbano considerarsi ormai fatti, il range di possibilità rimane ampio.
Il controllo della camera dei rappresentanti, al contrario, è più probabile passi ai democratici. Le urne, dunque, dovrebbero svelare un governo diviso, con ciascun partito a capo di una delle due camere legislative, seppur con margini risicati. Sarà improbabile quindi che leggi degne di nota superino il vaglio del Congresso – l’aria che si respira in questo momento lascia poche speranze a una cooperazione bipartisan. I risultati di quest’anno, ad ogni modo, saranno presto superati dato che le due parti inizieranno presto a mettere nel mirino le Presidenziali del 2020.
L’appuntamento di martedì potrebbe dunque non avere la rilevanza per i mercati che in molti suggeriscono. Per il prossimo anno ciò che conterà realmente saranno il proseguo delle politiche fiscali e monetarie, l’andamento degli utili societari e lo sviluppo dei rapporti commerciali.
Dal punto di vista fiscale, si è vista una politica insolitamente accomodante dato il punto in cui ci troviamo nel ciclo economico. Il deficit federale è infatti in forte espansione, in momento in cui solitamente si assiste a una contrazione del debito, ed è improbabile che ciò cambi a prescindere dalla leadership delle camere. In più, è inevitabile che le politiche diventino ancora più accomodanti quando l’economia Usa si troverà in prossimità di una recessione, scenario che non prevediamo come prossimo ma è inevitabile che ciò accada a un certo punto. Nel prossimo futuro stimiamo quindi un aumento nelle emissioni di asset sensibili ai tassi di interesse, come i Treasury, in funzione sia dell’andamento del deficit sia della diminuzione del bilancio della Fed. Le nostre strategie sono posizionate per affrontare questa prospettiva, al di là del risultato dei midterms.
Parlando della Fed, la banca centrale sembra intenzionata a continuare nel suo percorso di rialzo dei tassi finché i dati macro non evidenzieranno segni di debolezza. E a quel punto il danno potrebbe essere già fatto. Il ritmo di riduzione degli asset a bilancio ha raggiunto ora il suo picco, con punte fino a 50 miliardi di dollari al mese, e ciò a prescindere da chi voteranno gli americani.
Sul fronte commerciale, poi, crediamo che le iniziative dell’amministrazione Trump siano molto significative per l’economia globale. Nel 2018 si è vista infatti un’ampia divergenza tra l’azionario Usa e gli altri mercati, in particolare in alcune delle regioni più legate alle esportazioni. Finora la Casa Bianca non ha avuto bisogno dell’appoggio del congresso per procedere con la sua politica e con le presidenziali a soli due anni di distanza non crediamo che vi sarà una corsa nel chiedere il supporto dell’organo legislativo.
In conclusione, non abbiamo delle previsioni ufficiali su quale sarà il risultato del voto del 6 novembre. Ci sono degli aspetti delle attuali politiche che sono di particolare rilevanza per i mercati, ma crediamo anche che il destino prossimo di queste aree sia già segnato e che le elezioni di medio termine poco potranno fare per cambiarlo.

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