Outlook 2019: i mercati sviluppati convergono, gli emergenti divergono

Gli investitori condividono le preoccupazioni circa l’effetto delle tensioni commerciali e della normalizzazione della politica monetaria sull’economia globale. La ricerca sul sentiment degli investitori condotta da NN Investment Partners mostra che la crescita economica, la politica commerciale statunitense e la dinamica dell’inflazione sono le principali preoccupazioni di 100 investitori istituzionali. Poco più della metà degli investitori intervistati prevede un rallentamento della crescita economica globale nel 2019, mentre il 28% si aspetta un consolidamento.

Valentijn van Nieuwenhuijzen, Chief Investment Officer di NN Investment Partnersh ha commentato: “Nel 2019 gli Stati Uniti dovranno davvero affrontare un moderato rallentamento della crescita, poiché l’effetto dello stimolo fiscale è in riduzione e il recente inasprimento della Federal Reserve manifesta i primi effetti. Tuttavia, l’Europa dovrebbe uscire dall’attuale fase di debolezza, poiché il suo mercato del lavoro è in miglioramento e ad esso è associata anche una crescita dei salari. La costante fiducia delle imprese, il miglioramento dei margini di profitto e un basso rapporto tra investimenti e produzione dovrebbero stimolare la spesa in conto capitale e porre le basi per un’ulteriore ripresa del credito. Tenendo presente che in Eurozona c’è ancora un certo ristagno, vediamo una domanda repressa di beni strumentali e prevediamo che la politica della BCE non si inasprirà prima del settembre 2019. Di conseguenza, pensiamo che l’Europa registrerà una espansione economica superiore al trend di crescita per la maggior parte del prossimo anno. Infine, anche il Giappone continuerà a crescere, poiché il mix di politica monetaria e fiscale mira specificamente a surriscaldare l’economia per far crescere le aspettative di inflazione. Gli sviluppi economici in Europa e in Giappone permetteranno una percorso di convergenza da parte di queste regioni verso l’economia degli Stati Uniti. Gli eventuali venti contrari attesi, come le operazioni attuate dalla Fed e le dinamiche del mercato del lavoro, non dovrebbero interrompere questo trend.”

Europa: i rischi della Brexit e dell’Italia

Il prossimo anno segnerà i dieci anni dall’inizio della crisi del debito greco. Nonostante il tempo alle spalle, l’area Euro risulta ancora bloccata da istituzioni e da una unione bancaria e fiscale incomplete che la rendono vulnerabile agli shock economici e politici. Il rafforzamento di queste istituzioni è essenziale ma difficile a causa delle diverse idee e preferenze tra i paesi membri. La Brexit ha un costo economico potenzialmente molto elevato derivante da un cambiamento negativo per le istituzioni britanniche che regolano il commercio internazionale e la finanza. Nel frattempo, il beneficio percepito potrebbe rivelarsi inutile date le grandi interdipendenze economiche con il continente europeo. Nel frattempo, in Italia i populisti hanno correttamente identificato la necessità di un lungo periodo di forte crescita reale per raggiungere i livelli di inflazione pre-crisi e la sostenibilità del debito. Un’austerità eccessiva, come abbiamo vissuto all’indomani della crisi finanziaria, va a pesare troppo sulla crescita reale in quanto innesca una maggiore cautela nel settore privato. D’altro canto, la mancanza di austerità può facilmente portare a un inasprimento delle condizioni finanziarie e dell’offerta di credito, a un calo della fiducia ed infine a una crescita reale sostanzialmente inferiore. In uno scenario del genere le pressioni verso un declassamento dei rating sul debito potrebbero aumentare, con un sostanziale aumento sia degli oneri finanziari sia del rapporto debito/PIL. Le relazioni con gli altri paesi dell’area dell’euro sono condizionati da queste pressioni e il costo a cui potrebbe essere esposta la BCE rende questa istituzione molto meno disponibile a fornire un sostegno condizionato al debito sovrano italiano. L’unica soluzione per l’Italia è quella di combinare il giusto equilibrio sulla spesa fiscale con riforme economiche per stimolare la crescita.

Emergenti: un contesto più sfidante

Mentre i mercati sviluppati continuano il loro percorso di consolidamento, il contesto per gli emergenti è diventato più difficile. La normalizzazione della politica monetaria nei mercati sviluppati porta a condizioni finanziarie più rigorose e, infine, a una minore crescita della domanda interna di queste economie. Allo stesso tempo, il protezionismo statunitense

sta influenzando la tendenza alla globalizzazione, che era già piatta prima dell’avvio delle recenti tariffe commerciali statunitensi. Ciò dovrebbe danneggiare gli investimenti esteri diretti e la crescita delle esportazioni degli emergenti. In terzo luogo, la crescita cinese sta diventando meno dipendente dalle materie prime e sta gradualmente scendendo a livelli più compatibili con la sua demografia e il suo debito. Con la Cina che si concentra più sui consumi delle famiglie che sugli investimenti fissi, è più difficile prevedere quando gli stimoli cinesi interverranno per compensare l’impatto negativo delle tariffe americane. Ci aspettiamo un’ulteriore divergenza politica nel mondo emergente tra i paesi con la forza istituzionale necessaria a continuare le riforme e quelli caratterizzati da politiche economiche più interventiste e non ortodosse. Per questo motivo, terremo d’occhio le elezioni in Indonesia, India e Polonia. Le tensioni tra le due maggiori economie mondiali continueranno a rappresentare un tema ricorrente per i mercati. I dazi introducono una micro-inefficienza che si trasformerà in una sottoperformance macroeconomica: questa sarà visibile soprattutto nella produttività. Prima che venga raggiunto questo punto, potremmo vedere effetti negativi sul sentiment delle imprese e quello dei mercati. Ci aspettiamo che le tensioni commerciali resteranno limitate all’asse Cina-USA e continueranno ad essere fonte di volatilità nel 2019.

Azionario: mercati più vulnerabili alle oscillazioni del sentiment

Alcuni potrebbero percepire il contesto economico peggiore di quanto non lo sia in realtà, eppure i margini di profitto delle imprese al di fuori del settore finanziario continuano a registrare buoni risultati. Tuttavia, con il consolidamento macroeconomico, i mercati diventano più vulnerabili alle oscillazioni del sentiment. Consideriamo il miglioramento del sentiment come un catalizzatore per una migliore performance azionaria. Tra gli investitori da noi intervistati, circa il 55% preferisce le strategie azionarie in termini di rischio/rendimento. Vediamo una stabilizzazione degli utili delle azioni giapponesi e un’accelerazione delle azioni dell’Eurozona, che offrono più valore rispetto al mercato statunitense, relativamente costoso. La ricerca del rendimento diventerà un tema meno centrale nell’azionario, in quanto la normalizzazione della politica monetaria porta a un graduale aumento dei rendimenti obbligazionari. Gli investitori potrebbero passare da titoli difensivi a titoli ciclici. Ma i rischi di questo scenario sono da ricercarsi in una politica più aggressiva delle banche centrali, in un’escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e in un aumento delle tensioni e dello stress di mercato sul tema del bilancio italiano.

Obbligazionario: puntare su rischio di credito, senior loan bancari e convertibili

L’allargamento degli spread obbligazionari ha migliorato le valutazioni nel 2018, ma non sono ancora a buon mercato. Ci aspettiamo che gli spread rimangano stabili nel 2019 e che il carry offra una certa ripresa per gli investitori total return. La curva dei rendimenti negli Stati Uniti rimarrà probabilmente piatta con il rischio di una flessione negativa nel corso del prossimo anno e non ci aspettiamo una riduzione sostanziale del gap di rendimento con altri paesi sviluppati. Il graduale ritorno a una politica monetaria normale e ai rendimenti obbligazionari pesa sul rendimento di tutti gli investimenti a reddito fisso con lunga duration. Per questo motivo preferiamo strumenti a reddito fisso più esposti al rischio di credito piuttosto che alla duration. Il debito emergente a breve termine è interessante in quanto può beneficiare di tassi più elevati e dell’adeguamento della domanda. Privilegiamo anche i senior loan bancari e le obbligazioni convertibili.

Continua la crescita degli investimenti responsabili

Ci aspettiamo che la domanda di investimenti secondo criteri ambientali, sociali e di governance continuerà a crescere nel 2019. “Secondo il nostro sondaggio tra gli investitori, l’investimento responsabile non è più una questione di coscienza”, – ha commentato Simona Merzagora, Managing Director di NN Investment Partners. “Quasi la metà (48%) degli investitori lo vede oggi come un modo per aiutare sia il rischio sia il rendimento, mentre solo il 13% afferma che gli investimenti sostenibili riguardano solamente i valori. Pensiamo che quando si tratta di investimenti responsabili, i rendimenti finanziari e l’impatto sociale e ambientale vadano di pari passo. Nel 2019 faremo ulteriori progressi nella mappatura dell’esposizione del nostro portafoglio ai Sustainable Developement Goals delle Nazioni Unite e miglioreremo ulteriormente i nostri standard di reporting sull’impatto dei nostri portafogli”.

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