Le strategie sostenibili non sono tutte uguali

A cura di Morningstar

La sostenibilità, soprattutto quella legata alle tematiche ambientali e di genere, ha guadagnato grande popolarità nell’industria finanziaria globale negli ultimi anni. Quella italiana non fa eccezione. Basta guardare a quante campagne pubblicitarie delle società di gestione, delle banche e delle assicurazioni invitino gli investitori a “fare la differenza” con scelte di portafoglio più rispettose della natura o con un impatto positivo sulle comunità locali o sulla governance delle aziende. Sul web, come sui media tradizionali, troviamo anche comunicazioni e promozioni sulla “creazione di valore sostenibile”, il rapporto tra performance e responsabilità sociale, l’adesione a battaglie come quella contro la plastica negli oceani o annunci sulla de-carbonizzazione dei portafogli.

Queste campagne hanno il merito di far conoscere gli investimenti sostenibili a un pubblico molto vasto di risparmiatori, mentre fino a pochi anni fa era un tema quasi esclusivamente per addetti ai lavori. Fanno anche emergere la varietà di approcci socialmente responsabili e aumentano la consapevolezza della necessità di pensare al proprio portafoglio in modo più olistico e di lungo termine.

“La sostenibilità enfatizza la necessità di prendere decisioni che soddisfino i nostri obiettivi finanziari presenti; senza compromettere quelli delle generazioni future”, scrive Jon Hale, responsabile della ricerca sulla sostenibilità in Morningstar, in un recente editoriale su Morningstar Magazine. “Essa sottolinea la interconnessione tra finanza, natura e capitale umano”.

Più importanza ai fattori ESG
Recenti studi testimoniano l’importanza che i criteri ESG stanno assumendo nelle decisioni degli investitori istituzionali. Secondo un sondaggio di Morgan Stanley institute for sustainable finance e Morgan Stanley Investment management, realizzato tra 118 gestori di piani pensionistici, fondi sovrani, fondazioni, compagnie assicurative, ecc., il 70% ha già implementato strategie sostenibili. In particolare, il 49% lo ha fatto su tutto il portafoglio, mentre il 21% solo su una parte.

Il 78% dichiara di aver agito in questa direzione per “gestire il rischio”, ma gli approcci sono assai differenti tra loro. In effetti, sotto il cappello ESG esistono differenti livelli di coinvolgimento da parte delle istituzioni finanziarie. La Settimana degli investimenti socialmente responsabili, promossa in Italia dal Forum per la Finanza sostenibile, che è iniziata il 13 novembre, può essere un buon momento per riflettere su come l’industria sta affrontando queste tematiche e sulle strategie messe in atto dai gestori.

Quattro gradi di impegno
Morningstar distingue quattro macro-approcci, che riflettono diversi gradi di impegno: consapevolezza, integrazione, risultato e impatto.

ESG Aware
Il primo approccio consiste nel mettere a disposizione di analisti e portfolio manager dati e analisi ESG e lasciare a questi ultimi la decisione di come usarli. In sostanza, non c’è un obbligo da Prospetto informativo, sull’impiego dei criteri di sostenibilità. Secondo Hale, il numero di prodotti di questo tipo continuerà a crescere, dato che le case di investimento mettono sempre più informazioni sulla sostenibilità a disposizione dei team di gestione.

ESG incorporation
Il secondo approccio considera i fattori ambientali, sociali e di governance come necessari per un’analisi più completa, ma si tratta pur sempre di uno dei tanti criteri di valutazione rilevanti per prendere decisioni di investimento. In questo caso, però, l’asset manager esplicita e formalizza nei documenti informativi tale impegno. Tra le società di gestione che hanno scelto questa strada, esemplifica Hale, ci sono J.P. Morgan Morgan Stanley, Schroders e TCW.

ESG outcome
Il terzo approccio prevede che i fattori di sostenibilità giochino un importante ruolo nel processo di investimento, con il risultato di avere in portafoglio le aziende che, secondo i criteri impiegati, hanno il miglior profilo ESG. Un esempio è rappresentato dalla selezione best-in-class, che consiste nel scegliere le imprese con il miglior punteggio sostenibile all’interno di ciascun settore. Spesso, si utilizzano criteri di esclusione di determinate industrie, come le armi, il tabacco o l’alcol.

ESG impact
Il quarto approccio si caratterizza per la ricerca, accanto alla performance finanziaria, di un impatto positivo sulla società civile e/o l’ambiente. Questa strategia include la partecipazione attiva alle assemblee delle aziende in portafoglio, per ingaggiarle sulle tematiche ESG e sostenere un cambiamento positivo. “Molte case di investimento misurano e producono report sulle loro attività ad impatto, accessibili agli investitori”, precisa Hale. In alcuni casi, l’approccio è tematico (low carbon, equità di genere, ecc.); in altri vengono utilizzati gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDG). Un esempio in Italia è rappresentato dai fondi di Etica Sgr.

Il trend degli ultimi anni lascia intendere che l’offerta di prodotti sostenibili continuerà a crescere, ma anche a differenziarsi. “L’inclusione delle valutazioni ESG diventerà parte integrante di cosa significa investire”, dice Hale. Tuttavia, gli investitori dovranno imparare a conoscere e scegliere i diversi approcci per valutare quelli più adatti a loro e distinguere ciò che è veramente sostenibile da ciò che è greenwashing, ossia marketing e immagine.

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