Oro, le speculazioni sulla crisi finanziaria fanno lievitare il prezzo

Il prezzo dell’oro si è recentemente attestato sui 1200 dollari all’oncia. «La causa del recente aumento dei prezzi è probabilmente da ricercare nelle incertezze suscitate dalla proposta di bilancio del governo italiano. Alcuni osservatori del mercato ritengono addirittura che per l’Italia sarebbe meglio lasciare l’Unione Europea (UE)», ha affermato Joe Foster, Portfolio Manager e Gold Strategist di VanEck. A suo avviso, questa evoluzione mette in primo piano la tradizionale caratteristica del metallo giallo come porto sicuro. L’oro sarebbe inoltre sostenuto dalle ondate di vendita registrate negli ultimi mesi sul mercato azionario in seguito all’aumento dei tassi e alle crescenti tensioni tra USA e Cina.

Foster ricorda inoltre la situazione attuale sui mercati finanziari − dieci anni dopo l’esplosione della crisi finanziaria globale scatenata dall’insolvenza della banca d’investimento statunitense Lehman Brothers: «Al momento, ci troviamo di nuovo nel mezzo di un ciclo di inflazione degli attivi azionari, obbligazionari e immobiliari causato da una politica monetaria estremamente distensiva. Il ciclo di irrigidimento delle banche centrali è entrato nel vivo e riduce la liquidità».

Foster nota poi che stanno circolando speculazioni su una prossima crisi finanziaria causata da aumento dei tassi, elevati rischi d’insolvenza, crisi di bilancio italiana e crescente indebitamento in Cina. L’esperto cita a titolo esemplificativo il professore di Harvard Martin Feldstein, che sul Wall Street Journal si è detto dell’opinione che né la banca centrale statunitense (Fed) né qualsiasi altra istanza pubblica sia attualmente in grado di evitare un rallentamento congiunturale e/o una crisi finanziaria nel giro dei prossimi tre anni.

«Secondo noi, debiti pubblici, prestiti agli studenti e prestiti societari a leva hanno spodestato i prestiti ipotecari subprime come principale rischio per il sistema finanziario», fa riflettere Foster. A suo avviso, un nuovo round della guerra commerciale, il prossimo aumento dei tassi, un’ondata di vendite o una crisi monetaria nelle economie emergenti potrebbero essere la classica goccia che fa traboccare il vaso.

Per Foster è prevedibile che la domanda di oro venga alimentata dalle banche centrali. L’esperto fa riferimento ai dati del World Gold Council, secondo cui l’oro detenuto dalle banche centrali ha un valore di 1,36 mila miliardi di dollari, rappresentando quindi il 10% delle riserve monetarie globali. I principali acquirenti di oro nell’ultimo decennio sono stati Cina e Russia. Ma anche il Kazakistan e la Turchia hanno investito costantemente nel metallo prezioso.

«L’oro è una buona scelta per le banche centrali perché si tratta di una riserva monetaria liquida, è disponibile in quantità limitate, è praticamente slegato da qualsiasi impegno, non presenta rischi di controparte e consente di diversificare», sottolinea l’esperto di portafoglio. In più, le tensioni geopolitiche e l’evoluzione dei rapporti di forza economici hanno suscitato nervosismo in sempre più paesi. «In un futuro non troppo lontano, l’oro attualmente acquistato dalle banche a prezzi storicamente alti potrebbe rivelarsi un investimento redditizio», prevede Foster.

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