Azionario tech, come non ripetere gli stessi errori di dieci anni fa

Di Mark Hawtin, investment director settore azionario tecnologico di GAM Investments

Come spesso è accaduto in passato, le azioni tecnologiche (che hanno un beta più alto della media), quando i mercati attraversano fasi di turbolenza, vengono colpite duramente e crollano bruscamente. L’escalation delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti e l’aggravarsi dei rischi in Europa per la situazione in Italia e per la Brexit hanno reindirizzato l’attenzione del mercato verso la traiettoria della crescita economica mondiale e verso la velocità con cui potranno salire i tassi di interesse negli Stati Uniti. La conseguenza è stata un brusco sell-off sui mercati globali, che ha superato le correzioni registrate negli ultimi anni. In effetti, la portata del crollo e la conseguente rotazione sono state tali da gravare su molti investimenti azionari. I più pessimisti hanno colto l’occasione per vendere i titoli tecnologici: il settore Internet in Cina per via delle guerre commerciali, il segmento memorie e archiviazione nel timore di un rallentamento dell’economia e le large cap tecnologiche per via delle posizioni eccessive in portafoglio. Dal punto di vista dei fondamentali, tale approccio non potrebbe essere più sbagliato. Noi crediamo che l’evoluzione della tecnologia con effetti dirompenti non sia mai stata così rapida come oggi.

Abbiamo esaminato il periodo 2007/2008 per identificare la performance dei titoli tecnologici leader in quel momento, come Salesforce e Amazon. All’epoca Salesforce era l’unica società del comparto software come servizio (SaaS). Subì un’erosione delle vendite durante la grande crisi economica, con una revisione al ribasso dei ricavi del 10% nel 2009. Il titolo crollò bruscamente all’inizio della crisi, toccò il fondo prima del mercato (in calo del 60% circa) alla fine del 2008, per poi recuperare in maniera decisa successivamente. Infatti, a fine ottobre 2018, il titolo risulta salito di 24 volte rispetto ai minimi del 2008. Il mercato aveva presupposto, sbagliando, che il rallentamento dell’economia avrebbe colpito tutte le società allo stesso modo. Pertanto aveva punito anche un’impresa che alla fine è uscita relativamente indenne dalla crisi. Amazon è l’altra società che possiamo utilizzare come metro di confronto, grazie ai dati che abbiamo a disposizione. Il prezzo del titolo scese del 60% durante la crisi e l’azienda abbassò la stima delle vendite per il 2009 (stime di gennaio dello stesso anno) da 25 miliardi di dollari a 21,5 miliardi di dollari. Alla fine dell’anno le vendite realizzate furono invece di 24 miliardi di dollari. Praticamente l’azienda continuò a crescere rapidamente e la crisi finanziaria le costò solamente un 4% delle vendite, rispetto alle previsioni prima della crisi. Il titolo toccò il fondo a fine 2008, ben 5 mesi prima del mercato, per poi risalire di 34 volte entro la fine di ottobre 2018.

Quello che vogliamo sottolineare è che, finché il comparto tecnologico continuerà ad avere effetti dirompenti, ci saranno sempre aziende in grado di ritagliarsi una fetta importante del mercato. Pertanto, noi crediamo che i sell-off sui mercati, che hanno fatto scendere molto anche i titoli tecnologici, vadano visti come un’opportunità interessante per comprarsi un altro pezzetto di un’azienda come la Apple. In passato abbiamo cercato di spiegare molte volte la logica di investimento dietro ai titoli tecnologici growth rispetto a quelli value ma, nonostante una fase rialzista del mercato durata 10 anni, questo ragionamento è spesso rimasto inascoltato. In realtà, concentrarsi puramente sulla tecnologia, puntando sui titoli dei semiconduttori e delle società che generano un buon flusso di cassa (come Apple) e che hanno un rendimento elevato, è stata una scelta vincente. Eppure, quando i mercati attraversano un ciclo completo, queste società (più cicliche) difficilmente recuperano alla stessa velocità delle aziende growth. In molti casi noi ci aspettiamo infatti un forte deterioramento della crescita, in linea con la contrazione dei margini e dei multipli.

Secondo noi, indipendentemente dalla fase di rallentamento economico, le prospettive di crescita dei principali titoli tecnologici non ne risentiranno in misura significativa. A differenza del sell-off di inizio 2018, il recente rallentamento è stato assai più ampio; offre dunque la possibilità di incrementare le posizioni in molti più titoli a prezzi interessanti. Secondo un recente rapporto di Citi, mentre nel settore tecnologico dell’indice S&P solamente l’8% delle società ha perso più del 20% a febbraio 2018, durante il sell-off di ottobre 2018 quasi il 40% dei titoli ha perso oltre il 20%. Nel nostro elenco di possibili target, alcuni titoli sono scesi anche del 61%. Ora iniziamo a reinvestire in questi titoli. A nostro giudizio, gli investitori dovrebbero fare lo stesso. Non sarà mai facile prevedere con precisione quando i mercati toccheranno il fondo, ma noi crediamo che siano già scesi molto. Pertanto il profilo di rischio e rendimento appare più favorevole. Anziché cercare di decidere se si tratti della fine dei titoli tecnologici o se abbiano toccato il fondo, noi preferiamo esaminare i dati del 2007-2009 e considerarla un’opportunità di acquisto.

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