Cedole da difesa o attacco?

A cura di Sara Silano, Morningstar
Gli ultimi anni sono stati difficili per gli investitori in cerca di una cedola obbligazionaria a causa dei bassi tassi di interesse. Negli Stati Uniti, la situazione sta cambiando in quanto la Federal Reserve ha già intrapreso la strada del rialzo dei saggi di riferimento ed è intenzionata a continuare a percorrerla. Secondo molti osservatori, una nuova stretta potrebbe arrivare già a dicembre. Nell’area euro, siamo ancora in una fase monetaria espansiva, anche se la Banca centrale ha iniziato a chiudere i rubinetti, riducendo il programma di Quantitative easing.
Le strette della Fed
L’innalzamento dei tassi è positivo per gli investitori orientati al reddito, perché possono ottenere cedole più generose, anche se nell’immediato l’effetto più evidente è la discesa del prezzo dei titoli obbligazionari in circolazione. Oltreoceano, la Federal Reserve ha deciso quattro incrementi nel 2018 a fronte di un’economia che rimane solida, nonostante il ciclo sia ormai maturo. In questa prospettiva, dunque, i titoli di Stato statunitensi decennali (Treasury) potrebbero apparire interessanti (al netto del cambio euro-dollaro) per chi cerca una cedola e non vuole rischiare, soprattutto in un contesto globale più volatile.
In Europa, ancora tassi bassi
Nell’area euro, per avere coupon più generosi bisogna rischiare di più, dal momento che il Bund tedesco, considerato sicuro, ha rendimenti molto bassi. Nel segmento obbligazionario, significa guardare a titoli di minore qualità e quindi solvibilità, che però si comportano generalmente meglio in situazioni congiunturali espansive, mentre il Vecchio continente ha dato qualche segnale di rallentamento, soprattutto nell’industria manifatturiera, a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio e delle tensioni commerciali. A questo si aggiungono le frizioni tra il governo italiano e l’Unione europea sulla legge di bilancio, che potrebbe aprire a diversi scenari.
Il mese della paura
“Ottobre ha mantenuto la sua reputazione di mese della paura”, dice Cyrique Bourbon, portfolio manager di Morningstar investment management. “Ci ha riportato alla memoria la Grande depressione del 1939, il Lunedì nero del 1987 e la crisi finanziaria globale del 2008”. Il sentiment degli investitori è cambiato. I settori azionari con le più alte valutazioni, come i tecnologici, sono stati colpiti più duramente, così come Wall Street ha sofferto di più delle Borse meno costose (ad esempio quella inglese). Il mercato obbligazionario ha bilanciato un po’ le perdite dell’equity, soprattutto grazie alle emissioni di qualità, ma non è stato sufficiente a compensarle del tutto.
In difesa?
“Il futuro è pieno di incertezze”, dice Bourbon, “ma cercare di prevedere cosa accadrà nel breve e fare scommesse sul mercato è un esercizio futile”. Molti investitori hanno assunto un atteggiamento più difensivo, ma anche in questo caso bisogna fare attenzione. “E’ necessario identificare i rischi nascosti che si sono progressivamente accumulati nei bilanci aziendali, specialmente in quelli che appartengono all’universo di titoli a bassa volatilità ed elevati dividendi”, si legge in una nota di Pictet asset management. Chi va a caccia di dividendi, come fonte di reddito, non deve concentrarsi solo sulla volatilità di un titolo, ma guardare al livello di indebitamento, soprattutto se è generato per finanziare alte cedole e ri-acquisto di azioni proprie (buyback).
Non solo yield
Secondo Dan Kemp, responsabile degli investimenti di MIM, i dividendi sono importanti, ma bisogna considerare anche la sostenibilità della loro crescita nel tempo e l’utile netto totale che viene distribuito. Ad esempio, il settore tecnologico ha avuto un tasso di incremento delle cedole elevato, ma l’ammontare è stato relativamente basso; mentre le utility si trovano in una situazione diametralmente opposta. “Il problema non è solo quello di trovare i rendimenti più alti, perché i ritorni sono frutto della combinazione di payout e valutazioni”, conclude Kemp.
Rendimenti attesi per settore

 

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