È di nuovo tempo della staffetta tra risk on e risk off?

L’economia statunitense è attesa da molti operatori (istituzionali e non) in rallentamento nel prossimo anno, dopo un 2018 molto positivo grazie alle politiche fiscali espansive. Un motivo di grande apprensione sui mercati finanziari che ha determinato una contrazione delle quotazioni degli asset più rischiosi, come l’azionario e le commodity. Secondo Morgan Stanley un’espansione del Pil americano limitata all’1% sarà accompagnato da un’inflazione sostenuta lasciando poco spazio di manovra alla Fed per rivedere la sua politica di rialzo dei tassi d’interesse. Tanto che i capitali sono stati in parte dirottate sui mercati emergenti, con l’unica eccezione rappresentata dalla Cina su cui continua a pesare l’incognita relativa alla trattativa commerciale con gli Stati Uniti, che sarà al centro dell’attenzione nel G-20 a Buenos Aires in calendario questo fine settimana.

Nel frattempo il rame, i cui prezzi rappresentano una sorte di termometro che misura lo stato di salute dell’economia mondiale con un’alta storica correlazione diretta sui mercati azionari, mostra segnali di recupero al di sorpa della soglia tecnica e psicologica dei 6.000 dollari per tonnellata. “E l’eventualità di un’apertura diplomatica – avvertono gli analisti di Wings Partners Sim – avrebbe un impatto decisamente positivo sui prezzi del metallo, segnalando una maggiore propensione al rischio degli investitori e anticipando forse una revisione al rialzo per le stime di crescita globali, su cui hanno di recente impattato negativamente le attese di una Brexit dannosa per il Pil del Regno Unito e dell’Unione Europea.

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