Tregua di Natale

A cura di Aqa Capital
“Non dimenticherò quello strano e unico giorno di Natale per niente al mondo… Notai un ufficiale tedesco, una specie di tenente credo, ed essendo io un po’ collezionista gli dissi che avevo perso la testa per alcuni dei suoi bottoni [della divisa]… Presi la mia tronchesina e, con pochi abili colpi, tagliai un paio dei suoi bottoni e me li misi in tasca. Poi gli diedi due dei miei bottoni in cambio… Da ultimo vidi uno dei miei mitraglieri, che nella vita civile era una sorta di barbiere amatoriale, intento a tagliare i capelli innaturalmente lunghi di un docile “Boche”, che rimase pazientemente inginocchiato a terra mentre la macchinetta si insinuava dietro il suo collo”.
Dichiarazione rilasciata da Bruce Bairnsfather, testimone degli avvenimenti.

Per tregua di Natale si intende una serie di “cessate il fuoco” non ufficiali avvenuti nei giorni attorno al Natale del 1914 in varie zone del fronte occidentale della prima guerra mondiale. Già nella settimana precedente il Natale, membri delle truppe tedesche e britanniche schierate sui lati opposti del fronte presero a scambiarsi auguri e canzoni dalle rispettive trincee, e occasionalmente singoli individui attraversarono le linee per portare doni ai soldati schierati dall’altro lato; nel corso della vigilia di Natale e del giorno stesso di Natale, un gran numero di soldati provenienti da unità tedesche e britanniche (nonché, in misura minore, da unità francesi) lasciarono spontaneamente le trincee per incontrarsi nella terra di nessuno per fraternizzare, scambiarsi cibo e souvenir. Oltre a celebrare comuni cerimonie religiose e di sepoltura dei caduti, i soldati dei due schieramenti intrattennero rapporti amichevoli tra di loro al punto di organizzare improvvisate partite di calcio.
La tregua non fu un evento organizzato, né universalmente diffuso: in diverse zone del fronte i combattimenti proseguirono per tutto il giorno di Natale, mentre in altri i due schieramenti negoziarono solo tregue momentanee per seppellire i caduti.
Tregua Usa-Cina. Novanta minuti di colloquio, (quanto una partita di calcio)  poi una lunga cena (la più internazionale che ci potesse essere, senza dazi ovviamente) a Buenos Aires. Al termine, quando veniva servito il dessert, Donald Trump e Xi Jinping hanno concordato un cessate il fuoco (di novanta giorni) nella guerra commerciale. Evitando così l’entrata in vigore l’1 gennaio di dazi al 25% su 200 miliardi di dollari di merci cinesi importate dagli Stati Uniti. I dazi resteranno al 10%, ha detto il vicecapo dei negoziatori cinesi, Wang Shouwen. Nella versione di Pechino le due parti discuteranno sulla possibilità di eliminare anche i dazi al 10%. Il nuovo round negoziale durerà novanta giorni. Tre mesi di tregua, prima di Natale, tra le due superpotenze economiche, quindi. La versione americana sottolinea però che se la deadline dei novanta giorni non porterà a un’intesa ben definita, scatterà l’aliquota al 25% nei dazi
Un’apertura a cui corrisponde un equivalente passo cinese: “La Cina si è impegnata ad aumentare in maniera sostanziale gli acquisti negli Stati Uniti di prodotti agricoli, energia, prodotti industriali e altri prodotti per ridurre il disavanzo commerciale tra i due paesi”. A partire dai prodotti dei farmer americani: “Gli acquisti cinesi di prodotti agricoli cominceranno immediatamente”.  Ancora la Cina aprirà ulteriormente il suo mercato e andrà incontro alle «legittime preoccupazioni» del business americano. In cambio di questi impegni Trump ha deciso di fermare l’incremento dei dazi sulle esportazioni cinesi.
L’ultimo punto sul quale gli americani sono riusciti a strappare un sì dai cinesi è quello legato al settore dei semiconduttori. Nello specifico gli americani vogliono che venga approvato il deal tra Qualcomm-Nxp, bocciato dalle autorità regolamentari di Pechino nel luglio scorso dopo la decisione di Trump sui dazi. “Il presidente Xi – è scritto nel documento americano – si è detto aperto ad approvare il deal precedentemente bocciato di Qualcomm-NXP se verrà di nuovo presentato”.
Gli Stati Uniti hanno ribadito il loro impegno a rispettare la “One China policy”: si tratta del riconoscimento americano che la Cina è una sola e comprende anche Taiwan.
Il clima negoziale riparte con nuove tappe, Donald Trump e Xi Jinping si scambieranno visite di Stato nel prossimo futuro. A Pechino sottolineano che In sostanza, l’«importante consenso» raggiunto nella cena al G20 di Buenos Aires significa solo che i duellanti hanno deciso di prendere tempo per ricalibrare le loro strategie e studiare meglio le prossime mosse. Novanta giorni per trovare un accordo sui molti e gravi contenziosi Usa-Cina sembrano pochi. A meno ovviamente di un’altra cena e un’altra tregua.
Venerdì l’indice Usa, S&P500 ha chiuso la migliore settimana di contrattazioni da dicembre 2011, in previsione degli esiti positivi dell’incontro tra Cina e Stati Uniti. Esiti confermati. Ora la tregua non è la fine della guerra, ma è un buon inizio per terminarla. Le questioni irrisolte sono molte e illudersi che in 90 giorni  tutto si sistemerà è irrealistico. Godiamoci qualche giorno di rimbalzo, poi il focus si sposterà sui dati macro.

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