Benché i mercati offrano segnali di debolezza, non vi è (ancora) traccia di recessione

Di Giacomo Calef, Country manager di Notz Stucki
Dopo la temporanea ripresa dei mercati lunedì, la correzione è ripresa il giorno dopo dapprima sui mercati US per poi propagarsi sugli emergenti ed in Europa fino a giovedì 6 dicembre, con ribassi abbastanza importanti. Segue la performance dei principali indici negli ultimi 2 mesi, con evidenza in rosso il ribasso degli ultimi giorni:

Di fronte a mercati che sembrano “schizofrenici” ho pensato fosse utile una riflessione sulle cause che hanno determinato i recenti ribassi. A mio avviso esistono due ragioni:

  1. La prima di tipo politico e legata a Trump: l’arresto del CFO e figlia del fondatore di HUAWEI ha innescato nuovamente i timori per una escalation della guerra commerciale tra US e Cina. All’indomani della pausa annunciata domenica scorsa nella trade war, la notizia dell’arresto è una vera e propria doccia fredda che ha minato le speranze di un accordo già complesso in partenza, basato sostanzialmente sulla capacità della Cina di assecondare le rivendicazioni americane e la reale intenzione di Trump di trovare un compromesso.
  2. La seconda di tipo economico: il presidente della FED Powell mercoledì scorso ha sorpreso per l’utilizzo di toni decisamente più prudenti rispetto al passato ed alle attese, in sostanza:
  • I tassi si trovano appena sotto il livello di neutralità e non c’è alcun percorso prefissato;
  • Gli effetti dei rialzi avvengono in ritardo e può occorrere un anno perché si materializzino;
  • L’analisi dei prossimi dati economici e finanziari sarà determinante per informare il pubblico delle prossime decisioni di politica monetaria.

Una prima riflessione sulle due ragioni sopra:

  1. Trump ha confermato di essere imprevedibile. Imprevedibilità = incertezza…e sappiamo che i mercati non amano scenari incerti, in particolare su un tema rilevante come quello della guerra commerciale tra due colossi economici così importanti. D’altro canto:
    1. a) E’ ormai noto a tutti (Trump incluso) che gli effetti di una guerra commerciale sono negativi per entrambe le parti, sia in termini di ricadute sulla crescita economica ma anche sui consumatori US che si troverebbero a “pagare” di tasca propria sanzioni su ulteriori beni importati dalla Cina (le materie prime sono ormai in gran parte già tassate);
    2. b) Quella di Trump potrebbe essere ancora una volta una strategia politica volta a minacciare e poi mediare sul finale per ottenere il miglior risultato possibile.

Difficile fare previsioni su questo tema: credo che sia necessario imparare a convivere con l’imprevedibilità di Trump per almeno altri 2 anni, sperando che la razionalità economica prevalga sull’istintività politica.
Trump è un bugiardo? SI, più volte ha mentito travisando e strumentalizzando dati economici. E’ anche uno stupido? Non penso…quantomeno, la sua storia dimostra il contrario.

  1. Diversa e molto più oggettiva l’analisi che può essere fatta del discorso di Powell e sul movimento più importante sui mercati, ovvero quello sui tassi di interesse in US che sono il riferimento per tutti i mercati mondiali. Il Treasury a 10 anni è passato da 3.23% a 2.89%. Ancora più importante è la pendenza della curva dei tassi, ovvero il differenziale tra il rendimento a 10 anni e quello a 2 anni, che si è andato quasi azzerando nell’ultima settimana. Proprio quest’ultima tendenza ha avuto forte eco sui media nei giorni scorsi (sotto alcune tra le principali testate), sottolineando come questo sia un segnale critico per il ciclo economico: in passato, l’inversione della curva dei tassi – ovvero un rendimento a breve superiore al lungo termine – ha anticipato l’avvento di una recessione in US e del crollo dei mercati finanziari.

Powell più cauto da un lato e curva piatta dall’altro = recessione in arrivo = vendite e ribassi sui mercati…. Questa è l’equazione alla base dei timori e dunque della correzione dei mercati nei gg scorsi.
In alcuni degli articoli sopra indicati la correzione del mercato veniva menzionata come ulteriore indicatore dell’approssimarsi di una recessione in quanto “financial markets predicted recessions in the past”.
 
Da cui la domanda…è cominciato un conto alla rovescia per l’economia ed i mercati? Per rispondere ho pensato fosse utile verificare quanto avvenuto in passato nelle precedenti recessioni. Il grafico sotto riporta alcuni indicatori, tra cui:

  • – Linea blu: tasso di disoccupazione;
  • – Linea rossa: differenziale tra il rendimento del treasury a 10 anni vs. 2 anni
  • – Linea verde: Indice S&P500
  • – Area in rosso: periodi di recessione dell’economia US

La linea tratteggiata orizzontale rappresenta il livello per cui i rendimenti a 10 anni sono pari a quelli a 2 anni (curva piatta), ovvero lo scenario rappresentato dai media come indicatore della recessione.

Quali evidenze emergono? I numeri sotto derivano dal grafico e mostrano che in passato, dal momento in cui il differenziale si è azzerato:

  1. Sono passati in media 17 mesi prima dell’inizio della recessione;
  2. La performance media della borsa US è stata pari a +13% (esclusi dividendi);

5 volte su 6 la performance del mercato è stata positiva nello stesso periodo.

Conclusioni:

  1. La pendenza della curva oggi è prossima (siamo a 13bp di differenza positiva) al punto in cui in passato ha anticipato una recessione con 1.5 anni circa di anticipo;
  2. I mercati solitamente hanno continuato a registrare risultati positivi prima dell’arrivo di una recessione.

Infine ho pensato fosse utile verificare l’andamento dell’economia reale, non solo per il mercato US ma piuttosto a livello globale su un orizzonte più breve. L’indicatore in questo caso sono gli indici PMI composite (“Purchasing Managers Index” che includono sia il settore secondario/manifattura che il terziario/servizi) che sono stati pubblicati nei giorni scorsi. Per questo indicatore 50 è il livello di neutralità; un valore superiore a 50 indica un’attività economica in crescita ed espansione, mentre un valore inferiore indica una contrazione.

 

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