Anima: “Fine anno con qualche schiarita”

La chiusura d’anno potrebbe contribuire a riabilitare almeno in parte questo 2018, che in generale non è stato particolarmente brillante per i mercati finanziari. Qualche fattore di incertezza, infatti, nel corso delle ultime settimane è venuto meno.

Prima di tutto in occasione del G20 a inizio dicembre in Argentina, Stati Uniti e Cina hanno concordato una tregua di 90 giorni nella guerra commerciale, in modo da favorire i negoziati tra le due parti. In particolare, Trump e Xi Jinping hanno deciso di non imporre nuovi dazi a partire da gennaio 2019, ovvero l’aumento dei dazi americani previsto per gennaio è stato “congelato”, mentre da parte sua la Cina si è impegnata a ridurre lo squilibrio commerciale con gli USA, aumentando “in modo sostanziale” gli acquisti di prodotti agricoli, industriali ed energia.

Il Presidente Trump aveva già sorpreso, poche settimane fa, con la decisione di escludere diversi Paesi dal divieto di acquistare petrolio dall’Iran, colpito dalla reintroduzione delle sanzioni. Il prezzo del greggio – già sotto

pressione per l’aumento dell’attività produttiva su scala globale a dispetto di una domanda invece sempre più debole – è arrivato a perdere oltre il 30% dai massimi di inizio ottobre. E c’è ancora incertezza sull’accordo per un nuovo taglio alla produzione da parte dell’Opec, il cartello dei Paesi produttori di greggio.

Prima ancora, restando negli Stati Uniti, l’archiviazione delle elezioni di medio termine del 6 novembre con il nuovo assetto caratterizzato da un Congresso diviso – la maggioranza del Senato ai Repubblicani e la maggioranza della Camera Bassa ai Democratici – aveva già rassicurato gli investitori, dal momento che sia l’ipotesi di una cancellazione delle riforme dell’Amministrazione Trump che un nuovo ingente pacchetto di stimoli – in grado di surriscaldare l’economia – sembrano poco probabili.

Anche sul fronte delle principali Banche Centrali – nonostante la prospettiva di politiche monetarie meno espansive e riduzione della liquidità a livello globale, con conseguente probabile passaggio ad un nuovo regime di volatilità, certi sviluppi hanno riportato un po’ di fiducia. Il governatore della Fed, Jerome Powell, ha affermato in modo piuttosto chiaro che i tassi ufficiali si stanno avvicinando al range di neutralità e, pertanto, l’iter previsto di rialzi potrebbe seguire un sentiero meno “ripido” ed essere più graduale del previsto. Ciò ha dato un po’ di respiro ai mercati, elemento che nel breve termine potrebbe rappresentare un fattore positivo soprattutto per i Paesi emergenti.

Per quanto riguarda la BCE, Draghi ha confermato la fine del QE entro il 31 dicembre, ma cresce il focus sulla necessità di mantenere adeguati livelli di liquidità nel sistema economico nel futuro prossimo. A questo proposito, tra le misure allo studio, la BCE sta valutando un’altra asta di liquidità Ltro/Tltro (operazioni di rifinanziamento a lungo termine), ovvero un finanziamento di almeno 2 anni che consenta di smussare lo “scalino” che potrebbe materializzarsi a metà del 2020, creando problemi alle banche europee. Da un certo punto di vista, dunque, se la BCE sta proseguendo lungo un percorso di normalizzazione, al contempo intende adottare delle misure che possano ridurre l’effetto restrittivo sulle condizioni finanziarie,

mantenendo un elevato grado di supporto al mercato e all’economia. C’è molta attesa per il prossimo meeting del 13 dicembre e per quello del Fomc della Fed fissato per il 19 dicembre.

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