Nel 2019 l’export del Made in Italy crescerà di 23 mld secondo Euler Hermes
Il commercio globale di beni e servizi è rimasto relativamente resiliente quest’anno – nonostante la retorica protezionistica degli Stati Uniti – con una crescita globale del + 3,8%. Il volume degli scambi di merci ha continuato a superare la performance media del periodo 2012-2016 supportata da una solida crescita della domanda globale. Nel 2019, lo slancio degli scambi è destinato ad attenuarsi in linea con il rallentamento della crescita del PIL. Il volume degli scambi globali di beni e servizi dovrebbe rallentare fino a raggiungere il 3,6% nel 2019 e la crescita del valore dovrebbe rallentare a + 6,3% (da + 7,2%). In termini di USD, il commercio dovrebbe aumentare di + USD1,3 trilioni nel 2019 (da + USD 1,7 trilioni nel 2018). Le ipotesi economiche alla base di questa previsione sono le seguenti:
- La crescita economica mondiale subirà una leggera decelerazione nel 2019 (+ 3,1% dal + 3,2% del 2018).
- Una politica monetaria più rigorosa negli Stati Uniti dovrebbe portare a un rallentamento della crescita degli investimenti e ad una minore dinamica, specialmente nei mercati emergenti.
- Per quanto riguarda i prezzi legati al commercio, anche se prevediamo che i prezzi del petrolio Brent scendano nel 2019 in media a $ 69 / barile, le valute resilienti e il rafforzamento dell’inflazione favoriranno la tenuta degli scambi commerciali.
Trade War? Non proprio
Il protezionismo ha avuto finora un impatto molto limitato; tuttavia il sentiment, come riflesso dal declino delle principali economie nelle quali le Pmi sono maggiormente diffuse, è stato influenzato dalle minacce commerciali. Anche se gli annunci del presidente Trump del 23 settembre hanno prodotto un rialzo delle tariffe medie degli Stati Uniti di + 1,7pp a un 5,2% stimato (che corrisponde al livello delle tariffe degli anni Ottanta), il protezionismo dovrebbe rimanere sotto controllo a livello globale.
In effetti, ci sono tre ragioni per cui una guerra commerciale dovrebbe essere evitata: il pragmatismo in America, la rete di sicurezza commerciale cinese e la fatica di sostenere una competizione di questo tipo. Riteniamo che un approccio più costruttivo al commercio dagli Stati Uniti e la rappresaglia della Cina alla rivalità degli Stati Uniti non stiano rompendo il commercio globale. D’altra parte, le riforme per agevolare gli scambi commerciali e i nuovi accordi di libero scambio compensano in parte la lite tra Stati Uniti e Cina. Se dovesse invece riaccendersi la sfida, un’ulteriore escalation di una faida commerciale (tariffe medie statunitensi superiori al 6%) potrebbe costare mezzo punto di crescita del PIL negli Stati Uniti, mentre una guerra commerciale (tariffe medie statunitensi superiori al 12%) costerebbe due punti di PIL negli Stati Uniti e innescherebbe una recessione globale.
Italia: Germania e Francia le principali destinazioni del Made in Italy anche nel 2019
L’economia italiana si trova alla fine del ciclo, peraltro durato oltre le aspettative grazie alle politiche monetarie di sostegno da parte della UE. Il PIL 2018 dovrebbe atterrare all’1% mentre le attuali stime per il 2019 prevedono un ulteriore riduzione della crescita (+0,6%). Il cambio di tendenza dei prossimi semestri passa dalla lettura di numerose variabili su scala mondiale e nazionale che avranno impatti sul tessuto imprenditoriale nazionale e sul Made in Italy che però continuerà a sostenere la crescita dell’economia nazionale.
Ana Boata, senior Economist Europe di Euler Hermes: “i settori vincenti all’export saranno quelli che riusciranno ad avere la capacità, anche finanziaria, di investire in ricerca e sviluppo e di proporre ai mercati soluzioni innovative, sia di prodotto che di processo, basate su nuove tecnologie come IoT e AI, per venire incontro alle richieste di una clientela sempre più sofisticata. Per il 2019 stimiamo una crescita di export addizionale per l’Italia pari a 23 miliardi di euro e un attivo della bilancia commerciale di 3,5 miliardi di euro con la meccanica leader del made in Italy all’estero con circa 5,8 miliardi di transazioni commerciali addizionali rispetto al 2018. Seguono il comparto tessile, il chimico e l’agroalimentare. Tra i maggiori Paesi di sbocco, nonostante il rallentamento atteso nell’Eurozona, Germania e Francia si confermeranno i principali partner commerciali”.
Nuove minacce stanno aumentando i costi del commercio, la diversificazione degli scambi e il rischio politico
Al di là del protezionismo, le imprese dovrebbero prepararsi ai maggiori costi del commercio, alla diversificazione degli scambi commerciali e all’aumento del rischio politico. In primo luogo, il deficit di finanziamento commerciale (USD 1,5 trilioni) aumenterà con l’apprezzamento del dollaro, così come aumenteranno i rischi valutari, politici e di mancato pagamento. In secondo luogo, la diversificazione commerciale potrebbe creare vincitori e vinti: gli operatori commerciali asiatici dovrebbero beneficiarne maggiormente. Infine, ci aspettiamo 400 nuove misure protezionistiche a livello globale nel 2018 (da 560 nel 2017), ma la contraffazione, così come i rischi di esproprio e confisca potrebbero aumentare nel momento stesso che l’economia sperimenti un atterraggio morbido.
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