Il mercato non crede a un secondo referendum sulla Brexit

“In attesa che la corte Ue si pronunci sull’eventuale revoca della Brexit o che si tenga un secondo referendum sul tema, il mercato dei capitali non sembra prendere davvero in considerazione uno stop all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea”. È l’analisi di Guido Barthels, portfolio manager di Ethenea.

Il deal sulla Brexit deve essere ancora approvato dal parlamento britannico e sembra sempre più difficile che il governo May riuscirà a ottenerne l’avallo. In caso di bocciatura da parte del parlamento e di verdetto negativo della Corte europea, si avrebbe una “hard Brexit”, con conseguenze catastrofiche non solo per il Regno Unito ma anche per l’intera UE. In questo caso, la Bank of England si attende nel primo anno una contrazione dell’8% per l’economia britannica. I prezzi degli immobili residenziali scenderebbero inoltre del 30%, gli edifici commerciali perderebbero quasi il 50% del loro valore e la sterlina britannica si svaluterebbe del 25%, il tutto in presenza di forti aumenti dei prezzi al consumo e di un tasso d’inflazione del 6,5%.

Il mercato dei capitali non sembra prendere in considerazione che la Brexit possa saltare”, spiega Barthels. “Seppure in aumento, il premio per la copertura del rischio d’insolvenza resta basso, esprimendo una probabilità di default di appena il 3%. L’evoluzione dell’inflazione a più lungo termine sembra però cominciare a preoccupare i mercati. La sterlina britannica resta invece stabile, mentre i prezzi degli immobili esibiscono nel complesso un raffreddamento, che non deve però necessariamente indurre al panico”.

Il recente calo dei prezzi del greggio (-35% rispetto al picco di inizio ottobre) è stato particolarmente pronunciato, ma anche i metalli industriali hanno accusato una netta flessione del 22%. L’agenzia statunitense per l’energia prevede per il 2019 una flessione della domanda di greggio. Ciò sembra indicare una debolezza sul lato della domanda, circostanza che rivela che ci troviamo all’inizio di una fase di debolezza dell’economia mondiale. Negli Stati Uniti, la riduzione delle aspettative di inflazione potrebbe rendere superflui eventuali interventi sui tassi da parte della banca centrale americana. Sull’altra sponda dell’Atlantico è augurabile che la Bce sia consapevole che eventuali spazi di manovra per un rialzo dei tassi nell’Eurozona potrebbero presto chiudersi.

“In questo contesto, i rendimenti dei treasury statunitensi a 10 anni, attualmente superiori al 3%, appaiono nuovamente appetibili”, conclude Barthels. “È tuttavia necessario osservare molto da vicino il mercato per capire se il trend macroeconomico di indebolimento proseguirà e si rafforzerà o se si tratta solo di una frenata temporanea. Una Brexit disordinata, scenario possibile viste le parti in causa, penalizzerebbe anche la crescita nell’Eurozona”.

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