Il rinvio del voto sulla Brexit e la sfida per la leadership in Regno Unito

A cura di Steven Andrews, M&G Investments

C’è stato un certo clamore sull’argomento preferito da tutti riguardo al Regno Unito: la Brexit e la politica sono tornati agli onori della cronaca.
Dopo tutto quello che è stato detto e scritto, mi è sembrato utile riassumere (brevemente) come arriviamo a formarci un’opinione su questi temi e come intendiamo valutare la rilevanza degli sviluppi recenti.
Prima, però, vale la pena di considerare i due approcci possibili per “analizzare” la Brexit, dal giorno in cui è stato reso noto il risultato del referendum nel 2016: alcuni avranno seguito tutto il processo passo dopo passo, leggendo ogni commento e tenendosi al corrente sulle trattative e le diatribe politiche dentro e fuori dai confini britannici; altri, invece, avranno ignorato completamente tutti questi intrighi.
A prescindere dall’atteggiamento adottato, difficilmente qualcuno potrà dire di saperne di più oggi rispetto al giorno successivo al voto.
Come investitori, con una buona dose di senno di poi, potremmo convincerci che i movimenti di mercato, come le flessioni della sterlina dopo il voto e in tempi più recenti, fossero ovvi e prevedibili.

Ma è una tentazione che dovremmo fuggire. A parte i rischi insiti nella nostra tendenza a reinventare la storia, dobbiamo chiederci perché mai i mercati avrebbero dovuto farci un tale regalo: se “tutti sapevano” che la sterlina sarebbe crollata, si presume che avrebbe già dovuto farlo.
Cosa conta veramente?
La mia posizione su tutta la faccenda è che la sola domanda pertinente da considerare, riguardo alla Brexit, è quanto sia cambiato (o quanto cambierà) il contesto dei futuri scambi commerciali per il Regno Unito in un arco di tempo significativo.
Ovviamente, la risposta è che non lo sappiamo. Se però guardiamo alle probabilità, possiamo fare qualche ipotesi ragionata. Dato che indire il referendum è stato un espediente politico a breve termine (per affrontare un’accozzaglia di questioni economiche e sociali e soddisfare il desiderio politico di “rigore sull’immigrazione”), e non tanto una mossa ideologica dettata dall’abbandono del concetto che avere relazioni commerciali efficienti con l’esterno sia una buona cosa, sembra probabile che, a prescindere dal tipo di accordo commerciale cui il Regno Unito arriverà alla fine delle trattative, il principio ispiratore sarà la partecipazione al mercato mondiale, piuttosto che l’isolamento.
A tale riguardo, e solo su specifica richiesta di “un’opinione sulla Brexit”, direi che l’esito finale probabile (ovvero, la domanda pertinente rilevante) è una situazione non così diversa da quella attuale (senza dubbio peggiore in alcune aree e migliore in altre). Volendo dire di più (e potenzialmente ci sarebbe molto altro) si può solo tirare a indovinare.
E come si inserisce in questo quadro il rinvio del voto di martedì scorso? Dipende se la risposta alla nostra domanda pertinente (sull’ideologia commerciale) è cambiata oppure no. Di nuovo, non è dato saperlo, ma possiamo ragionevolmente rispondere “non molto”: anche nell’ipotesi di una “hard Brexit” con ricadute negative nel breve termine (di entità da trascurabile a notevole), non è chiaro se un “brutto divorzio” possa modificare l’atteggiamento generale del Regno Unito sul commercio in un orizzonte di lungo periodo.
Lo scenario politico
Suppongo che l’altra domanda più rilevante sia in che misura l’ultimo sviluppo sulla guida del partito Conservatore renda più probabile un’amministrazione anticapitalista. Ovviamente non abbiamo una risposta certa neanche in questo caso, anche se personalmente credo che aumenti le probabilità di un esito di questo tipo (attraverso un governo Laburista), ma solo da molto basse a basse.
Il dato su cui poggia la mia convinzione è l’ultimo sondaggio di opinione che dà i Conservatori al 40% e i Laburisti al 35%, mentre alla domanda su chi preferirebbero come primo ministro, il 36% degli intervistati ha indicato Theresa May e il 23% Jeremy Corbyn. Il sondaggio risale alla fine di novembre, quindi si può ipotizzare che le cose siano cambiate, ma se i Laburisti non sono stati capaci finora di convincere gli elettori a considerarli un’alternativa migliore a quello che viene comunemente percepito come un governo allo sbando, è difficile sostenere che siano improvvisamente a un passo dal potere.
Considerazioni per gli investitori
Ammettere che ci sono cose che non possiamo sapere con certezza è sempre molto difficile, ma quando entrano in gioco le emozioni, diventa quasi impossibile.
Tuttavia, investire con successo richiede la capacità di valutare bene le probabilità e gli errori più gravi spesso si fanno per eccesso di sicurezza in ciò che riserva il futuro, non per l’atteggiamento opposto: sono in pochi a recriminare di essere stati “troppo umili” ripensando a un investimento finito male.
Ma allora cosa dovremmo fare? Quello che abbiamo sempre fatto: cercare le possibili opportunità create da movimenti di prezzo bruschi. Quelli dei gilt sono stati relativamente ampi: le scadenze a 30 anni hanno visto un netto incremento delle quotazioni che ha spinto i rendimenti all’1,7% senza considerare l’inflazione.

La sterlina è crollata al livello più basso da inizio 2017 contro il dollaro USA. Tuttavia, vale la pena di notare (considerando l’abbondanza di commenti sulla valuta in reazione a ogni svolta nella saga della Brexit) che il movimento nei cinque giorni considerati è stato solo dell’1% e non figura neanche fra quelli più consistenti su scala mondiale.

Nel complesso, queste oscillazioni non hanno alterato la situazione in misura rilevante. La sensazione di disagio è una reazione normale al panico che si percepisce al momento nel flusso di notizie, ma dovremmo resistere alla tentazione di lasciarci influenzare da questo clima nel prendere decisioni di investimento.

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