Guerra commerciale: il picco nel 2019

A cura di Jacob Vijverberg, co-manager del Kames Global Diversified Income Fund, Kames Capital
Il summit del G20 è risultato in un temporaneo cessate il fuoco nella guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, ma la tregua sarà solo momentanea. Il picco nella disputa si vedrà solo nel 2019. I botta e risposta tra i due Paesi si sono intensificati quest’estate, quando il presidente Usa, Donald Trump, ha annunciato l’imposizione di dazi su 34 miliardi di dollari di prodotti di importazione dalla Cina. Con queste tariffe, beni come strumenti medici e componenti per aeromobili sarebbero soggetti a una tassa doganale del 25% quando importati negli Stati Uniti.
La Cina, dal canto suo, ha risposto con suoi dazi su beni made in Usa, incluse soia e autovetture, accusando Washington di aver iniziato la più grande guerra commerciale della storia economica. Gli Stati Uniti hanno rincarato la dose, predisponendo una seconda ondata di tariffe su 200 miliardi di import dalla Cina. Queste importazioni sono soggetti a un tasso iniziale del 10%, percentuale che a gennaio sarebbe dovuta salire al 25%. Questo aumento è stato adesso posticipato di tre mesi per dare modo alle parti di raggiungere un accordo.
La volontà di Trump è offrire un supporto alle società americane e migliorare l’imparzialità negli scambi commerciali. Secondo l’inquilino dello Studio Ovale, gli Stati Uniti si trovano in una posizione di svantaggio su vari livelli, attraverso il furto da parte delle aziende cinesi delle proprietà intellettuali statunitensi. Ciò che è iniziato come una retorica da campagna elettorale sta diventando realtà con l’amministrazione Trump. Il suo approccio è molto diretto, ma le preoccupazioni su queste pratiche da parte della Cina è ampiamente condiviso anche tra altri paesi occidentali. E’ perciò probabile che la pressione su Pechino continui. Ulteriori dazi su altri alleati, al contrario, sono poco credibili e godrebbero di uno scarso supporto a livello politico.
La tattica della Cina sembra invece prendere tempo, nella speranza che eventi politici o economici spostino l’attenzione del presidente Usa. L’amministrazione statunitense è però ben conscia di questa strategia. Nel nostro caso base, stimiamo un’intensificazione delle tensioni tra i due Paesi che raggiungerà il suo picco nel 2019, con un impatto lievemente negativo sull’economia globale.
Sono passati molti anni da quando gli investitori si sono dovuti preoccupare delle implicazioni di una guerra commerciale e non è chiaro quale forma potrebbe prendere un nuovo accordo. Finora non c’è stato di sicuro un effetto sul momentum economico degli Stati Uniti la cui economia si sta espandendo da 110 mesi consecutivi – la seconda fase di espansione più lunga mai registrata. L’economia Usa è più grande del 15% rispetto a quanto non fosse prima della crisi finanziaria.
Nessuna scossa fino ad oggi quindi. Ma gli effetti dei dazi si faranno sentire. Le tariffe ora coprono una parte sostanziale delle importazioni totali americane e per questo abbiamo visto al ribasso le nostre previsioni di crescita per il Paese. Il 2019 sarà un anno cruciale che vedrà lo scontro tra i benefici del taglio alle aliquote e gli effetti dei dazi che saranno invece negativi per la crescita. Un riflesso negativo di breve termine è probabile venga sentito anche in Cina, dove un tasso di crescita più limitato è già atteso con lo spostamento del Paese verso un’economia più orientata ai servizi.
Le tensioni si intensificheranno, ma alla fine un accordo si troverà. Un’ulteriore intensificazione delle tensioni potrebbe davvero essere negativa per l’economia globale.

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