Azioni globali: individuare le “superstar” di domani

A cura di Neil Robson, Responsabile Azioni globali di Columbia Threadneedle Investments
Dopo una chiusura d’anno alquanto sottotono, gli investitori si chiedono se sia imminente un rallentamento globale. Ma la domanda che dovrebbero porsi è un’altra: hanno realizzato fino a che punto la tecnologia, insieme ad altri fattori, sta trasformando i modelli di business?
Dopo tutto, sono dieci anni che gli utili dell’azienda media segnano movimenti laterali. Le società tecnologiche sono tra le poche “superstar” ad essere passate alle cronache per aver accresciuto gli utili in questo lasso di tempo, ma, in realtà, in quasi in tutti i settori esistono aziende meno famose a cui è riuscita la stessa impresa.
Pur non prevedendo una recessione imminente, viviamo tempi incerti, specie con la minaccia incombente di una guerra commerciale. Di conseguenza, cerchiamo di investire nelle superstar di domani, ossia le società dotate di solidi vantaggi competitivi. Di norma, queste imprese beneficiano di elevate barriere all’entrata, della capacità di conquistare nuove quote di mercato e, in molti casi, di fare leva su tecnologie rivoluzionarie.
Lo studio di consulenza aziendale McKinsey & Company ha coniato il termine “superstar” per riferirsi a queste realtà aziendali. In uno studio pubblicato di recente, emerge che il primo 10% delle società intercetta l’80% di tutti i profitti economici generati dalle aziende con ricavi superiori al miliardo di dollari.1 Investire in queste aziende, molte delle quali stanno cambiando la natura stessa dei settori economici e della società, può risultare molto remunerativo nel lungo termine.
 
RISCHIO DI RECESSIONE SOPRAVVALUTATO
Passando all’ossessione dei mercati per la recessione, riteniamo che l’economia globale si trovi appena a metà del suo ciclo attuale. Di certo, i mercati finanziari non stanno mostrando quei segnali di stress tipici delle fasi finali di un ciclo. La crescita può essere sì lenta, ma non ci sono motivi concreti perché debba arrestarsi.
Le ipotesi più diffuse circa la natura dei cicli economici sono corrette? Quel che è certo è che la ripresa economica ha compiuto nove anni, diventando uno dei cicli più lunghi mai registrati. Ma, visto e considerato che la crescita economica è rimasta invariata nel 2010, 2011 e 2012, si può davvero affermare che la ripresa sia cominciata nel 2013?
Inoltre, la natura stessa del ciclo sta cambiando. Nel 19° secolo, le economie erano prevalentemente agricole e dipendenti dalle condizioni meteorologiche. Le recessioni si verificavano un anno sì e uno no: se un anno andava bene, quello successivo tendeva ad essere negativo. L’economia (principalmente industriale) del 20° secolo ha tipicamente registrato una recessione causata dalle scorte un anno su quattro. Nell’odierna economia dei servizi, i settori vanno frequentemente incontro a recessioni, che tuttavia non culminano in rallentamenti diffusi e generalizzati. Ad esempio, il settore industriale è entrato in recessione nel 2015-2016. L’industria automobilistica cinese è attualmente in recessione. Nel 21° secolo, le recessioni non si verificano con la stessa frequenza del passato semplicemente perché l’economia globale è ampiamente diversificata.
La maggiore minaccia esogena è la possibilità di una guerra commerciale. Gli Stati Uniti si sentono minacciati dall’ascesa della Cina, che dopo l’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio nel 2001 ha raddoppiato il suo contributo al PIL mondiale dal 4% all’8%. Le prassi restrittive di Pechino vengono giustamente percepite come un problema. Ma Donald Trump desidera un mondo con dazi elevati o con dazi contenuti? Sembrerebbe che voglia un mondo senza dazi, ma anche di poter accedere equamente ai mercati cinesi.
 
IN CERCA DI SOCIETÀ RIVOLUZIONARIE
Guardando al 2019, non bisogna illudersi pensando che le società con valutazioni convenienti rappresentino un’interessante opportunità d’acquisto. Gli innovatori stanno destabilizzando i mercati, battendo sui prezzi i concorrenti e spingendo al ribasso i margini di profitto. Un esempio noto a tutti è quello della distribuzione al dettaglio, con i consumatori che preferiscono la comodità degli acquisti online ai negozi. I fatturati di Amazon e Alibaba valgono ora più dell’1% del PIL globale. I titoli dei commercianti al dettaglio tradizionali sono economici per un motivo: la società sta cambiando.
Al di fuori del settore tecnologico, Mastercard è un buon esempio di società “superstar”. Mastercard e Visa controllano all’incirca l’85% del mercato delle carte di credito globale, Cina esclusa. Grazie alla struttura estremamente vantaggiosa del settore, Mastercard registra una redditività del capitale investito superiore al 40% e una crescita dei ricavi nell’ordine del 17-19%, dato che il numero di acquisti effettuati mediante carte di pagamento cresce di oltre il 10% l’anno. Al contempo, Mastercard è abbastanza grande da restare relativamente immune a shock locali come la Brexit, benché debba anch’essa stare in guardia da potenziali elementi destabilizzatori.
La Brexit è chiaramente un ostacolo per le società. La nostra maggiore esposizione è rappresentata da Cooper Industries, un’azienda statunitense che produce lenti a contatto. La stragrande maggioranza degli impianti produttivi si trova nel Regno Unito, pertanto un tracollo della sterlina sarebbe benefico. Quanto accaduto immediatamente dopo il voto sulla Brexit di giugno 2016 ci ha dato un’idea di ciò che potrebbe succedere nel caso di un’uscita “dura”. Stanti così le cose, se domani ci fosse una Brexit dura e la sterlina crollasse, noi ne beneficeremmo.
Nel 2019 resteremo concentrati sulla ricerca di società che operano con successo in aree poco accessibili. Sono aziende che sfruttano in maniera magistrale il cambiamento sociale e le tecnologie invece di nuotare contro corrente.

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