Azionario globale, nel 2019 crescita utili al 5-7% secondo NN Inv. Partners

L’ultimo trimestre del 2018 è stato uno dei peggiori trimestri degli ultimi 45 anni per l’azionario globale. In passato, tali risultati si sono solitamente verificati solo in periodi di recessione e shock petroliferi. È molto probabile che il 2018 sia stato l’anno in cui la crescita degli utili ha raggiunto il suo apice nell’attuale ciclo globale degli utili azionari.

“Riteniamo che la crescita economica globale rimarrà solida e intorno al potenziale – afferma Patrick Moonen, Principal Strategist Multi Asset di NN Investment Partners – ma ancora lenta rispetto al 2018. Prevediamo che gli utili globali si ridurranno rispetto il 16% del 2018, rimanendo comunque positivi, con un rendimento globale del 5%-7%. Il calo degli utili sarà determinato principalmente dal venir meno dell’impatto della riforma fiscale statunitense sugli utili statunitensi e da un rallentamento dell’economia. Anche l’aumento dei salari, dovuto alla tensione del mercato del lavoro, potrebbe esercitare una certa pressione sui profitti”.

Le valutazioni sono già scese notevolmente, limitando il ribasso. Quelle delle azioni globali hanno registrato il maggiore calo dal 2011 e il rapporto P/E a 12 mesi è pari a circa 14x, a dimostrazione dell’entità del declino del mercato. “Tuttavia – avverte Moonen – pensiamo che ci sia un’ampia gamma di possibili esiti positivi e negativi“.

Per il 2019 ci aspettiamo rendimenti moderati e positivi, trainati da una modesta crescita degli utili globali. La convergenza macro e la normalizzazione della politica monetaria sono due temi importanti che determineranno il nostro graduale spostamento verso i mercati azionari non statunitensi e la nostra preferenza per i ciclici come finanziari e commodity rispetto ai bond proxy. Le incertezze politiche a breve termine legate al protezionismo commerciale, alla Brexit e alla politica dell’Eurozona ci tengono cauti e limitano i nostri livelli di convinzione”.

Il rischio politico sarà cruciale nel 2019. Quello principale è la guerra commerciale tra Cina e USA, che ha iniziato a incidere sulle prospettive e sulla fiducia delle imprese. Attualmente esiste una tregua fino alla fine di febbraio, che consente a entrambe le parti di continuare le discussioni. Un risultato positivo è fondamentale per la fiducia degli investitori e le prospettive di crescita.

Inoltre, il caotico processo della Brexit è entrato nella sua fase finale. L’accordo proposto dal Primo Ministro Theresa May è stato respinto dal Parlamento e, sebbene il governo sia sopravvissuto al voto di sfiducia che è seguito, non sembra essere più vicino a trovare un accordo che soddisfi il Parlamento o l’elettorato. Restano sul tavolo diverse opzioni, tra cui la “no deal Brexit” o la revoca dell’articolo 50, ma il tempo a disposizione si sta esaurendo. Data la posta in gioco, è possibile che il Regno Unito e l’Unione europea cercheranno di evitare uno scenario di “no deal” e preferiscano la strada del rinvio.

Per quanto riguarda la politica monetaria – conclude lo strategist – ci aspettiamo che la Fed sospenda ogni ulteriore aumento dei tassi per i prossimi 5 o 6 mesi. Per l’anno nel suo complesso, pensiamo che la Fed eseguirà due aumenti, ma ciò dipenderà dai dati sottostanti. Ci aspettiamo una moderata pressione al rialzo sui rendimenti obbligazionari e sugli spread. La riduzione del divario tra il costo del capitale proprio e il costo del credito, l’aumento della leva finanziaria delle imprese alla fine del ciclo e l’assenza di un’ondata di rimpatrio di liquidità potrebbero raffreddare la propensione delle imprese al buy back, una delle principali fonti di acquisto di azioni nel corso del 2018″.

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