Il ciclo manifatturiero italiano perde robustezza

A cura di Prometeia e IntesaSanPaolo

Il giro d’affari del manifatturiero italiano è aumentato del 3.2% a valori correnti nel periodo gennaio-novembre e dell’1.9% al netto dell’incremento dei prezzi (+1.3% nella media dei primi undici mesi 2018), sostenuti per buona parte dell’anno da rincari degli input produttivi. Anche la produzione manifatturiera ha chiuso i primi undici mesi dell’anno solo in moderata espansione (+2.1%), mostrandosi in linea con l’andamento del fatturato a prezzi costanti.
Tuttavia, i dati complessivi mascherano segnali di attenuazione della crescita a partire dai mesi estivi, che riflettono un progressivo deterioramento del contesto operativo.
A farne le spese è stata soprattutto la componente interna del fatturato, meno dinamica (+2.2% nel periodo gennaio-novembre) di quella estera (+4.9%). La domanda domestica ha perso tonicità, soprattutto dal lato degli investimenti in macchinari e dei consumi durevoli. Più trainante la domanda estera, sebbene in un contesto di rallentamento dei ritmi di crescita delle esportazioni, coerente con l’andamento degli scambi internazionali.

La fase di rallentamento, comune ai principali player Ue, è guidata dall’automotive

Anche le altre principali economie dell’Eurozona stanno risentendo del cambio di passo nella crescita.
Gli indici di produzione industriale del settore manifatturiero, al netto dei prodotti petroliferi, hanno evidenziato un ripiegamento nella seconda metà del 2018 in Germania e Spagna, oltre che in Italia. Fa eccezione la Francia, che finora ha mostrato una maggiore tenuta produttiva su base congiunturale (anche se i dati di novembre incorporano i primi effetti delle proteste dei “gilet jaunes”), ma che, al contempo, ha messo a segno la crescita più bassa in termini tendenziali (+1% nel periodo gennaio-novembre), contro il +2.1% dell’Italia, il +1.9% della Germania e il +1.7% della Spagna.
Si sono intensificati i fattori di rallentamento di ordine internazionale, a partire dal terzo trimestre, con impatto sulla dinamica dell’export europeo, soprattutto extra-Ue. Il rimbalzo di ottobre, maturato in un contesto di forti timori di ulteriore escalation delle tensioni protezionistiche, ha comunque contribuito al mantenimento di buoni ritmi di espansione delle esportazioni a consuntivo dei primi dieci mesi del 2018, in tutte le principali manifatture Ue.
Sul fronte interno, invece, a pesare di più sulla performance del manifatturiero europeo sono state le difficoltà del settore automotive, a causa delle nuove procedure di omologazione dei veicoli, che hanno generato tensioni sugli impianti, allungando i tempi di consegna. Ai fattori puramente temporanei si sono poi aggiunti elementi di natura più strutturale, sul fronte della domanda, come il progressivo e fisiologico esaurirsi della componente dei durevoli negli acquisti delle famiglie e la disaffezione verso le motorizzazioni diesel, che prefigura un’accelerazione nel processo di transizione verso l’elettrico.
Lo shock dell’automotive ha avuto un impatto rilevante sulla crescita in tutti i paesi europei, propagandosi anche ai settori posizionati a monte della filiera: prodotti in metallo, gomma-plastica, chimica. Quest’ultima è stata penalizzata anche dalla volatilità delle quotazioni petrolifere in corso d’anno e, in Germania, dalle strozzature sugli impianti causate dalla secca del Reno.

Si mantengono in crescita quasi tutti gli altri settori manifatturieri

Anche in Italia il principale fattore di freno alla crescita 2018 è giunto dall’automotive, settore che ha registrato un -1.7% a consuntivo dei primi 11 mesi, sia in termini di produzione che di fatturato.
Dodici settori tra i quindici analizzati presentano, invece, un’evoluzione positiva del fatturato 2018, sebbene in uno scenario di rallentamento generalizzato, nel confronto con una prima parte dell’anno più brillante.
Tra i best performer spiccano Elettronica, Farmaceutica e Meccanica, soprattutto grazie al traino dei mercati esteri. Sopra la media anche la performance della filiera dei metalli (Metallurgia e Prodotti in metallo), sostenuta, nonostante la frenata dell’auto, soprattutto dalla meccanica, ma anche da un effetto prezzo: le quotazioni dei metalli si sono mantenute in crescita durante la prima metà del 2018. Gli aumenti dei prezzi delle materie prime energetiche, invece, hanno sostenuto il fatturato degli Intermedi chimici, soprattutto delle imprese della chimica di base.
In linea con la media manifatturiera l’evoluzione del fatturato del Sistema moda (più vivace in corrispondenza della filiera delle pelli, concia e calzature) e dell’Elettrotecnica (dove convivono situazioni differenziate; meno brillanti l’illuminazione e le componenti più vicine all’automotive).
Più moderata la crescita dei Mobili (tra i pochi settori, però, a non aver risentito del rallentamento della seconda metà dell’anno), degli Altri intermedi (l’automotive è principale traino del comparto della gomma-plastica), dell’Alimentare e bevande e dei Prodotti per le costruzioni (condizionati da una ripresa del ciclo dell’edilizia non ancora solida).
Poco dinamico il settore del Largo consumo. Ancora in difficoltà gli Elettrodomestici, per via di una base produttiva ampiamente ridimensionata, che mostra difficoltà nell’intercettare la domanda.

Prospettive incerte per il 2019

Gli indicatori anticipatori sono concordi nel delineare un quadro di ulteriore deterioramento del contesto operativo manifatturiero italiano nel corso del 2019, ad iniziare dagli ordini, che offrono una sintesi delle prospettive di breve termine. Gli ordinativi totali si presentano in moderato aumento nel complesso dei primi undici mesi 2018 (+2.3% tendenziale), ma con un ripiegamento nei mesi finali dell’anno. A rallentare di più sono stati gli ordini nazionali (+1.5%, gennaio-novembre), a fronte di un maggior dinamismo di quelli esteri (+4.4% nello stesso periodo). In ottica settoriale, invece, il raffreddamento degli ordinativi ha interessato soprattutto Autoveicoli e moto, Meccanica e Farmaceutica (relativamente a quest’ultima, soprattutto nella componente estera).
Segnali non incoraggianti emergono anche dall’andamento dell’indice di fiducia delle imprese, con un trend negativo comune a tutti i paesi europei. Peggiora, in particolare, il sentiment su domanda e produzione, derivante da preoccupazioni connesse tanto all’economia nazionale quanto allo scenario internazionale, denso di incognite. Gli scambi mondiali, infatti, potrebbero decelerare significativamente, qualora si riacutizzassero le tensioni sul fronte dei dazi (e.g. fallimento dei negoziati in corso tra Stati Uniti e Cina). Sull’economia europea grava inoltre l’esito incerto dei negoziati Brexit.
Il quadro di elevata incertezza penalizza anche i piani di investimento delle imprese. Le indicazioni che emergono dall’indagine Banca d’Italia-Sole 24Ore confermano un peggioramento dei giudizi sulle condizioni per gli investimenti, con un saldo in territorio negativo su livelli analoghi a quelli osservati nel 2013.

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