La contrazione dell’economia tedesca e il “male che non viene per nuocere”

A cura di Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame AM

Cosa dire dopo un gennaio così spettacolare? Guardando i grafici sembra quasi che ci sia stato un errore nei prezzi, tanto è marcata la V tra il primo dicembre e il 31 gennaio, da farla sembrare quasi irreale.

In realtà, per noi che l’abbiamo vissuto, è stato un periodo veramente  difficile  e quantomeno abbiamo avuto ragione a non fuggire a gambe levate da tutti  i risky asset nel momento di maggior panico, anche se qualche brividino di troppo ci ha percorso la schiena.

Negli ultimi giorni a dire il vero stiamo assistendo ad alcune prese di beneficio che erano abbastanza logiche e prevedibili dopo un movimento di recupero così marcato. Oltre ad evidenti motivazioni tecniche, come il raggiungimento della media a 200 giorni e un ipercomprato di breve, non possiamo non evidenziare il fatto che i dubbi che ci avevano rovinato il Natale sono ancora tutti sul tavolo.

Il mercato ha lanciato dei chiari segnali a Trump su cosa potrebbe accadere qualora non venisse trovato un accordo con la Cina, e Trump per tutta risposta ha lasciato intendere a Pechino che questo accordo è tutt’altro che scontato, cercando di presentarsi ai tavoli negoziali in una posizione di forza prevalente.

Sembra proprio di assistere a quelle partire di poker dove non si capisce, tra rilanci e sguardi incrociati, chi ha le carte migliori e chi bluffa, anche se sappiamo tutti che prima o poi le carte dovranno essere scoperte.

Seppur di grande importanza, tuttavia, quello tra Trump e Xi Jinping non è il solo tavolo di poker da tenere d’occhio. Dall’altra parte della sala, abbiamo infatti la solita situazione di stallo tra Regno Unito ed Europa e anche in questo caso il finale non può dirsi scontato.

In un quadro che agli occhi di qualche osservatore potrebbe sembrare immutato, mi permetto di osservare che un elemento di novità importante è rappresentato dal fatto che la locomotiva tedesca sta perdendo colpi correndo un serio rischio di finire in recessione. Un fatto di questa portata potrebbe essere solo la prima ondata di una contrazione in grado di impattare seriamente  sulla già anemica economia europea, se il commercio internazionale dovesse veramente iniziare a irrigidirsi.

Che sia dunque arrivato il momento per le formichine tedesche di prendere qualche spunto dalle cicale che vivono più a sud? Lo scorso mese chiosavo esprimendo un desiderio, che tuttavia adesso potrebbe diventare una speranza. Che si stiano creando finalmente le premesse per l’implementazione di una politica fiscale espansiva abbandonando al suo destino le formule “restrittive” alle quali ormai siamo assuefatti da anni.

Del resto, se non riesci più a vendere i tuoi manufatti all’estero, devi per forza rivolgerti al mercato interno e se il mercato interno è soffocato, lo devi riattivare con degli stimoli alla spesa, per non fare la fine del principe Giovanni che “strozza” i cittadini di Nottingham.

Quindi, volendo essere ottimisti, il rally dei risky asset in generale potrebbe continuare (senza eccessi però, altrimenti la Fed interverrebbe) qualora la situazione tra Cina e Stati Uniti da una parte e tra Gran Bretagna e Unione Europea dall’altra si sbloccassero. Nel Vecchio Continente, occorre mettere una marcia in più, che è quelle delle riforme strutturali e fiscali. Si tratta di un passo assolutamente necessario (Trump docet) per rimettere in sesto un’economia ormai troppo debole per restare in piedi sulle sue gambe. Auguriamoci che anche gli economisti tedeschi non siano come vengono spesso dipinti e che acconsentano ad una svolta epocale che potrebbe sbloccare la situazione europea sotto molteplici punti di vista (sociale, economico, finanziario).

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