Usa e Europa divergenza massima?

Di Christian Nolting, cio globale Dws

Dopo diversi mesi densi di pessimismo, aggravato dall’apprensione suscitata dal recente blocco delle attività amministrative, una serie di dati economici propizi ha rasserenato gli investitori negli Stati Uniti. In un inatteso capovolgimento della situazione, l’occupazione è risultata superiore al previsto, gli aumenti salariali non minacciano di far impennare l’inflazione e la produzione industriale è tornata a ruggire, cancellando la flessione che tanto aveva turbato i mercati finanziari a dicembre. Le ciliegine sulla torta sono stati il ribasso del carburante e la confortante nuova elasticità della Federal Reserverispetto alle strette monetarie future. Anche se i mercati finanziari mantengono la cautela, l’andamento economico riporta all’ottimismo del 2017.

Nell’Eurozona il clima economico non potrebbe essere più diverso. L’indicatore anticipatore PMI del settore manifatturiero si mantiene a fatica sopra lo spartiacque che separa l’espansione economica dalla contrazione e a dicembre le vendite al dettaglio sono diminuite. Di conseguenza la Commissione europea ha ridotto all’1,30% l’incremento del PIL previsto nell’eurozona nel 2019. Tuttavia, dopo la caduta in recessione tecnica dell’Italia la settimana scorsa, la maggiore preoccupazione degli investitori è che lo stesso possa accadere alla Germania (si intendono per recessione tecnica due trimestri consecutivi di diminuzione del PIL). Un altro problema è che l’anno scorso l’Italia ha evitato di misura lo scontro aperto con l’UE sul deficit di bilancio, ma ora che la sua dinamica del PIL è inferiore alla precedente previsione del governo, verosimilmente il deficit di bilancio risulterà più ampio di quello concordato con l’UE. In questo caso si ripresenterebbe il conflitto dell’anno scorso, con conseguenze deleterie per i mercati obbligazionari dell’eurozona. Questa concatenazione di eventi avviene in un momento poco propizio per la BCE, che negli otto mesi che mancano alla nomina del suo nuovo presidente avrà le mani legate.

L’abbandono della precedente linea rigorista della Federal Reservein politica monetaria ha avuto ampia risonanza in Asia, perché ha liberato le sue Banche centrali dall’insidia dell’ apprezzamento del dollaro. Questa settimana la Banca centrale indiana ha già ridotto di 25 punti base il tasso d’interesse di riferimento portandolo al 6,25%, mentre la Banca di Tailandia si è astenuta da un’altra stretta monetaria e la rupia indonesiana ha parzialmente recuperato il terreno perso sul dollaro l’anno scorso.

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