Previsioni mercati finanziari 2019: i sette rischi per gli investitori

A cura di David Lafferty, CFA, Chief Market Strategist di Natixis Investment Managers

 

Quali sono i rischi per gli investitori quest’anno?

Alla fine di novembre abbiamo prodotto il nostro Outlook 2019 per l’economia globale e i mercati finanziari. A dicembre abbiamo evidenziato cinque tendenze che probabilmente si invertiranno nel prossimo anno (crescita, tassi, politica monetaria, dollaro statunitense e maggior volatilità). Questo mese elenchiamo sette rischi che vediamo profilarsi sull’orizzonte dell’investimento e offriamo le nostre ipotesi migliori sulla probabilità che si verifichino.

 

Rischio investimento 1: Rallentamento o Recessione?

Anche se abbiamo deciso di non elencare questi rischi in ordine di importanza, a nostro avviso la recessione è la prima delle preoccupazioni. Viste le valutazioni medie – oggi non troviamo molti asset particolarmente cari o a buon mercato – le tendenze macroeconomiche e quelle degli utili sono di fondamentale importanza per pensare ai rendimenti futuri. L’economia globale sta chiaramente decelerando, ma sulla scia del sell off del quarto trimestre – se consideriamo di trovarci a metà di un ciclo caratterizzato da una crescita lenta ma positiva – i mercati dovrebbero essere destinati a salire di nuovo. Tuttavia, nel caso in cui il rallentamento si trasformasse in recessione i mercati non sarebbero preparati allo shock, poiché né la fiducia degli investitori né i prezzi degli asset riflettono adeguatamente questo rischio.

Per questo motivo, il rischio di una recessione potrebbe essere considerato “l’unica cosa che conta”, dato che i rendimenti futuri potrebbero probabilmente resistere a qualsiasi altro dei nostri scenari di rischio, a condizione che l’economia non precipiti significativamente. Al contrario, l’assenza di questi rischi non salverà i mercati qualora l’economia dovesse vacillare in modo significativo. Sulla base dei dati attuali, stimiamo al 25% la probabilità di una recessione globale nel 2019. Riteniamo che per l’anno in corso il rischio di una recessione negli Stati Uniti sia del 20%, mentre in Europa è più vicina al 35%. La Cina non ha praticamente alcuna possibilità di entrare in recessione quest’anno, ma questo non è il metro di valutazione corretto. Per la Cina, il rischio è inferiore al 6% del PIL in termini reali, che stimiamo essere circa il 30%.

 

Rischio investimento 2: Tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina

Questo rischio sembra essere in cima alle liste di tutti, ma noi siamo un po’ meno preoccupati, soprattutto perché pensiamo che il mercato lo abbia almeno in parte già scontato. In primo luogo, dato che le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono diventate più complicate nel secondo semestre del 2018, i mercati azionari mondiali hanno scontato gran parte di queste cattive notizie. In secondo luogo, le imprese hanno già iniziato a prendere misure per adeguare la produzione, gestire le scorte e sviluppare nuove catene di approvvigionamento.

Ammettiamo che c’è ancora rischio di qualche sorpresa al rialzo o al ribasso. Il rischio negativo è che i negoziati falliscano e che i due paesi si affrontino con dolorosi aumenti tariffari e ritorsioni (probabilità del 25%). Il “rischio al rialzo” è che Trump e Xi negozino inaspettatamente un accordo globale che possa soddisfare immediatamente entrambe le parti e si attengano ad esso – scenario piuttosto improbabile, a nostro avviso, stimato circa al 20%. Dubitiamo che gli Stati Uniti e la Cina possano essere completamente d’accordo su qualsiasi cosa, dato che l’agenda del MAGA (Make America Great Again) di Trump è diametralmente opposta al piano Made in China 2025 di Xi. Allo stesso modo, riteniamo improbabile una completa rottura delle trattative, dato che i mercati instabili (insieme al rallentamento delle economie statunitense e cinese) continueranno a trattenere entrambe le parti al tavolo delle trattative.

Lo scenario più probabile (55%) è che i negoziati commerciali tra Stati Uniti e Cina si arenino per tutto il 2019 senza successi o fallimenti definitivi. Questo fa sì che le tensioni commerciali appaiano più come un “rischio in corso” che come un evento specifico. Nel breve periodo, riteniamo che il mercato azionario sarà positivo nei giorni in cui gli scambi commerciali progrediranno e che sarà invece negativo nei giorni in cui si registreranno battute d’arresto. Anche un accordo commerciale “definitivo” comunque sarà intrinsecamente inconcludente, poiché il monitoraggio e le verifiche si riveleranno impegnativi.

 

Rischio investimento 3: Un errore della Banca Centrale

Tra gli investitori è piuttosto diffuso il timore che le banche centrali possano mettere in atto una politica monetaria eccessivamente restrittiva, provocando la prossima recessione. In un certo senso, siamo un po’ meno pessimisti. Considerata la debolezza del quarto trimestre, la FED ha optato per una linea meno aggressiva e quindi le sue prossime azioni (aumento dei tassi e/o roll-off di bilancio) difficilmente porteranno ad una recessione. Stimiamo al 10% il rischio che la FED provochi una recessione. Ma ecco il problema: come tutti sanno, gli effetti dei cambiamenti in politica monetaria hanno dei tempi molto lunghi. Potrebbe essere altrettanto probabile (10%) che la FED abbia già attuato una politica troppo restrittiva. Il dado potrebbe essere già stato tratto.

 Per essere chiari, non c’è dubbio che prima o poi si verificherà un’altra recessione. Riteniamo che sia più verosimile che questo accada nel 2020 o anche oltre e che, per ora, rimarremo nel campo del “rallentamento, non della recessione”. Indipendentemente da quando la recessione colpirà, la severità della FED sarà un utile capro espiatorio, indipendentemente dalla sua effettiva colpevolezza.

 

Rischio investimento 4: Una Brexit caotica

Il fallimento del primo voto su Brexit ha ridotto significativamente le chance di riuscita del Primo Ministro May. Tuttavia, la sua ultima “vittoria” parlamentare sembra non portare da nessuna parte dato che è improbabile che l’Unione Europea rinegozi l’Irish Backstop. Questi sviluppi recenti aumentano le probabilità che il Regno Unito esca dall’Unione Europea senza un accordo. Riteniamo comunque che questo scenario, il peggiore, abbia solo il 40% di possibilità di realizzarsi. Il rischio in questo caso sarebbe un “incidente politico”, generando una rottura disastrosa con l’UE.

Un’ultima parola su Brexit: mentre la situazione è in continuo cambiamento, per ora questo rimane il rischio che secondo noi ha la probabilità più alta di verificarsi. Un ritardo nel processo di ritiro – il ritiro dell’articolo 50 o un secondo referendum – rimane l’ipotesi più probabile (60%). Tuttavia, poiché la situazione è peggiorata nelle ultime settimane, la nostra speranza che l’impensabile possa essere evitato potrebbe offuscare il nostro giudizio.

 

Rischio investimento 5: Stallo politico negli Stati Uniti – Shutdown e tetto del debito

Dopo aver sopportato un primo shutdown di 35 giorni, dubitiamo che i Repubblicani al Congresso vogliano altra cattiva pubblicità. Ci aspettiamo che le risoluzioni sul bilancio vengano approvate a metà febbraio, per mantenere in funzione il governo americano, e che le ricadute economiche dello shutdown di Dicembre/Gennaio siano modeste. Probabilità di un altro shutdown a febbraio? Circa il 15%.

Tuttavia, lo stallo politico che ha innescato lo shutdown ha implicazioni molto più gravi per il tetto massimo del debito statunitense, che è sempre più vicino. Come per Brexit, l’impensabile – uno sfondamento del tetto in grado di causare un default “tecnico” – potrebbe essere classificato solo come un colossale incidente politico. Storicamente, da entrambe le parti, lo spingersi al limite per quanto riguarda il debt ceiling è una procedura operativa standard che crea inevitabilmente dei problemi ai mercati nel breve termine, ma che non si verifica mai. In ogni caso, con il precedente dello shutdown più lungo della storia, siamo meno certi che l’aumento del tetto sia un non-evento. Il rischio è basso? Sì, forse il 5%-10%, ma non è nullo. Si chiamano “incidenti” per un motivo.

 

Rischio investimento 6: Crisi costituzionale negli Stati Uniti

 Mentre il 2019 va avanti ed emergono i risultati dell’indagine Mueller, non abbiamo idea di quanto possa essere grave il danno all’amministrazione Trump. Dato l’alto numero di condanne e le motivazioni addotte dal consiglio speciale, sospettiamo che ci sia almeno un po’ di fuoco ad alimentare il fumo. La possibilità che la Camera dei Rappresentanti, controllata dai Democratici, avvii una procedura di impeachment è di almeno il 50%. Tuttavia, la condanna (e l’allontanamento) per mano della maggioranza Repubblicana in Senato è molto meno probabile, e dipende ancora una volta da ciò che Mueller scoprirà effettivamente.

Uno di questi scenari – impeachment con o senza condanna – rappresenta una seria minaccia per il mercato? È improbabile. A nessuno piace l’incertezza. Ma nei prossimi due anni vediamo pochi rischi di un ridimensionamento degli sgravi fiscali o di una deregolamentazione che, da quando Trump è stato eletto, hanno affascinato gli investitori azionari statunitensi. Nel caso più estremo, il presidente verrebbe sostituito dal vicepresidente Mike Pence, che molto probabilmente continuerebbe queste politiche favorevoli per il mercato azionario per il resto del mandato.

Tuttavia, il rischio legato alla politica statunitense aumenterebbe considerevolmente nel 2020 se i Democratici potessero fare piazza pulita. Se gli sgravi fiscali venissero ridimensionati, le azioni americane accuserebbero il colpo maggiore, nonostante i minori premi al rischio (cioè, l’assenza del fattore di incertezza Trump. Se consideriamo lo scontro tra Mueller, i Democratici e l’amministrazione Trump come un pericolo diversivo nel corso del 2019, non pensiamo che questo possa spingere al ribasso i mercati, stimando questa probabilità al 25%.

 

Rischio investimento 7: Riservatezza dei dati e regolamentazione

A livello globale, nel 2019 i governi potrebbero cominciare a inasprire i controlli sull’utilizzo dei dati personali. Le inchieste del Congresso degli Stati Uniti e del General Data Protection Regulation (GDPR) europeo illustrano quanto seriamente i vari Paesi stiano affrontando la questione. I “Big Data” hanno valore solo se si possono monetizzare, sia vendendo informazioni personali che utilizzandoli per micro-targettizzare i ricavi pubblicitari. L’aumento di un controllo governativo potrebbe rendere più difficile in futuro per le imprese trarre profitto da questi dati.

Se riteniamo che la probabilità che le autorità di regolamentazione possano ridurre i vantaggi dei Big Data sia bassa, forse al 20%, l’impatto di una politica di questo tipo sarebbe rilevante. Questo rischio è sottostimato, dato che le questioni relative alla riservatezza dei dati si applicano a quasi tutte le aziende dei principali indici, andando ben oltre i più grandi nomi del settore tecnologico.

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