Recessione nel 2019? Quale impatto avrebbe sui mercati finanziari?

Di R. M. Almeida, Portfolio Manager e Global Investment Strategist di MFS

A fronte della peggior performance di dicembre registrata dall’S&P 500 Index dal 1931 e l’ampliamento degli spread creditizi, tornati verso la media a lungo termine, i timori di una recessione nel 2019 si sono rafforzati. Ma queste preoccupazioni sono giustificate?

Alcuni parametri di mercato segnalano da tempo un aumento del rischio di recessione; tra questi, uno dei più popolari è l’appiattimento della curva dei rendimenti statunitense. Benché non perfetta, la capacità di previsione della curva dei rendimenti è storicamente piuttosto elevata. In che modo gli investitori dovrebbero interpretare questo fenomeno?

Una recessione avrebbe importanza per i mercati finanziari?

I ribassi dei mercati e le recessioni tendono spesso a coincidere. Tuttavia, questa coincidenza non è perfetta. La solidità dell’economia – o la sua debolezza – e il sentiment degli investitori sono due cose diverse. Mentre l’economia è costituita da molti elementi disparati, i mercati finanziari riflettono le aspettative degli investitori riguardo ai profitti e ai cash flow. Ciascuno di essi può influenzare notevolmente o determinare l’altro, ma non sono mancati i periodi in cui i ribassi dei mercati dei capitali e le recessioni si sono esclusi a vicenda.

L’attuale ciclo economico si è distinto dagli altri per molti aspetti

Come mi ha detto recentemente il chief economist di MFS Erik Weisman, “se consideriamo i tradizionali fattori trainanti delle recessioni, la maggior parte di essi oggi non è visibile. Non abbiamo appena terminato una guerra; non si è registrato uno shock di offerta negativo; e la Federal Reserve non è impegnata a contenere aggressivamente un’inflazione troppo elevata. Se escludiamo l’indebitamento delle aziende, è difficile individuare eccessi o squilibri macroeconomici nell’economia statunitense.”

Un altro aspetto che rende questo ciclo diverso dagli altri è l’ascesa delle piattaforme online, che hanno fornito a imprese e consumatori un nuovo modo di ottimizzare le operazioni aziendali e la vita quotidiana, favorendo di fatto la “smaterializzazione”. In altre parole, il mondo riesce a produrre di più con meno capitale, e questo genera effetti disinflazionistici.

Ad esempio, il cloud computing permette alle imprese di interagire con i clienti in modo più conveniente e produttivo. Analogamente, i consumi si sono smaterializzati. Le piattaforme online permettono oggi alle persone di affittare ciò che un tempo dovevano acquistare, evitando esborsi iniziali significativi in ambiti quali l’alloggio e i trasporti.

Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Germania e nel Regno Unito, i consumatori destinano più della metà della loro spesa discrezionale a esperienze o beni intangibili piuttosto che a prodotti fisici. Tendenze analoghe si registrano in mercati emergenti come l’India e la Colombia.
Tutto questo ha comportato un calo della volatilità della domanda reale, il che contribuisce a spiegare perché l’attuale ciclo economico è stato caratterizzato da una crescita più contenuta, da una durata più lunga e da minori eccessi rispetto a quelli del passato.

In conclusione, non nutriamo particolari apprensioni per una recessione del 2019. A mio avviso il mercato dei Treasury, che ha archiviato un deciso rialzo negli ultimi mesi, segnala maggiori timori per un potenziale errore di politica monetaria della Fed che per un surriscaldamento dell’economia. Pertanto, pur non provando grandi timori per i rischi di recessione, riteniamo che gli investitori dovrebbero prestare maggiore attenzione a come viene allocato il rischio di portafoglio rispetto al decennio passato.

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