Investimenti: perchè i mercati emergenti sono una delle mete su cui puntare

Di Saker Nusseibeh, ad, Hermes Investment Management

Verso la metà dello scorso anno, avevamo previsto che i mercati globali avrebbero fronteggiato sia la volatilità che una correzione. Successivamente abbiamo visto una correzione nei mercati emergenti – in Asia nello specifico – e volatilità su tutti i mercati.

È sorprendente il numero di persone che hanno sottovalutato il grado di correzione che questi mercati avrebbero subito e quanti sono ora tesi riguardo il futuro. Per noi, che abbiamo una view globale, vi è più di una ragione per essere ottimisti verso le economie emergenti rispetto a quelle sviluppate all’inizio del 2019.

Quest’anno abbiamo visto un rimbalzo sia in Asia che negli Stati Uniti, ma le analogie finiscono qui

Gli Stati Uniti rimangono nella posizione migliore rispetto a tutti i mercati sviluppati, ma l’economia americana ha sempre rallentato all’aumentare dei tassi di interesse. Accanto a questa naturale decelerazione, la ferita autoinflitta dello shutdown del governo sta ora minacciando di limitare ulteriormente la crescita per questo trimestre e probabilmente influenzerà negativamente anche i dati annuali.

Il governo ha riaperto dopo 35 giorni e la nuova normativa punta a evitare un’altra chiusura, almeno fino alla fine di settembre. Ma il programma di Trump di dichiarare lo stato di emergenza per finanziare il suo muro di confine potrebbe spaccare in due il suo partito e avviare un’altra battaglia legale, portando a una maggiore incertezza. Tuttavia, il tono accomodante della Federal Reserve è visto a supporto dei mercati.

Anche in Europa, l’altra maggiore economia sviluppata del mondo che, a causa di problemi strutturali, non ha mai raggiunto una forza paragonabile agli Stati Uniti negli ultimi anni, vediamo un rallentamento. Inoltre, la Brexit sta già avendo notevoli ricadute economiche sul Regno Unito e causerà conseguenze politiche complesse anche per l’Unione Europea.

Il Regno Unito stesso non è in grado di predire cosa succederà, ma sembra sempre più probabile che l’uscita dall’Unione Europea venga ritardata, nonostante vi siano le stesse probabilità anche per una hard Brexit, se non addirittura una Brexit “no-deal”.

Se la storia ricalca il passato più che ripeterlo, potremmo entrare in un periodo della storia politica britannica simile a quello successivo all’abrogazione delle Corn Laws. Nei prossimi anni potremmo arrivare ad avere fino a quattro gruppi parlamentari – due a destra e due a sinistra – che potrebbero trascinare il Regno Unito nell’instabilità politica per un periodo ancora più lungo.

Guardando a est, la crescita del PIL in Cina sta scendendo verso un tasso del 6% l’anno se non meno. Si tratta di un rallentamento naturale che era possibile prevedere. È un’economia veramente grande, e non ci si può aspettare che le grandi economie mantengano una crescita al 14% come quella che la Cina ha registrato nel 2007. Non dimentichiamo che sta facendo comunque molto meglio di qualunque altra tra le maggiori economie al mondo. Dovremmo credere ai dati cinesi? È quasi irrilevante che il tasso di crescita annualizzato sia del 6,5% o del 5,5%. I consumatori cinesi continueranno ad aumentare. Oggi stiamo assistendo ad un rallentamento controllato da parte del governo per far fronte al suo indebitamento.Mi sembra che gli investitori occidentali abbiano perso di vista il fatto che la Cina è un paese comunista e che la crescita economica viene guidata a livello centrale per uno scopo politico, non semplicemente per accrescere la classe media, e questo quadro sembra rimanere invariato.

A livello globale, l’incertezza politica è in aumento, in parte a causa di un atteggiamento più risoluto da parte della Russia che vuole espandersi approfittando del ridimensionamento dell’’influenza degli Stati Uniti voluto da Trump. Le recenti attività in Siria sono il primo esempio di questa volontà. Anche la Cina, in risposta alla riduzione dell’influenza americana, si è fatta sentire molto di più su Taiwan e sul sud-est asiatico in generale. Altrove, Brexit ha occupato politicamente la maggior parte del tempo dei 27 paesi dell’Unione Europea negli ultimi due anni, senza contare ciò che ha comportato per il Parlamento britannico.

Dato questo livello di incertezza, sono più fiducioso nella possibilità di trovare valore a lungo termine in mercati che stanno ancora emergendo rispetto ai segnali che vedo in quelli più consolidati. Nel breve termine, almeno, penso vi sia un maggiore vantaggio nei mercati emergenti orientali che nei loro vicini sviluppati a ovest, ma siamo sempre consapevoli che una correzione non ne preclude un’altra.

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