Scudo fiscale – Non è conforme alla norma made in Usa

Lo scudo fiscale italiano non rispecchia la norma sui capitali esportati introdotta negli Usa.
È questo il parere di  Maria Cecilia Guerra, dottore di ricerca in Economia Politica presso l’Università di Bologna, docente di Scienza delle Finanze e Direttrice del Dipartimento di Economia Politica presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, pubblicato su “La Voce”.

Questa dichiarazione è giunta in risposta alle parole del Ministro Giulio Tremonti che, durante la conferenza stampa di presentazione del decreto lo scorso 16 luglio, ha affermato la conformità della rettifica con le misure per la lotta ai paradisi fiscali adottate dal G20 di Londra e applicate dall’amministrazione americana.

Secondo la Guerra il sistema proposto dal governo italiano sarebbe molto diverso dal piano americano di dichiarazione volontaria sui capitali esportati.
Il primo fattore di diversità sarebbe rappresentato proprio dall’anonimato del contribuente, che in America invece subisce un completo disvelamento. Negli Stati Uniti infatti è previsto il pagamento delle imposte eventualmente evase, mentre in Italia la salvaguardia dello scudo costituirebbe una sorta di condono.
Ciò che accomuna i due sistemi è la modalità con cui viene calcolato l’ammontare degli interessi maturati sui capitali all’estero, ipotizzando un guadagno ipotetico del 2% annuo. Ma l’indirizzo del provvedimento americano sarebbe del tutto diverso.

La “voluntary disclosure of offshore accounts” introdotta negli Usa prevede un atto di dichiarazione finalizzato al pagamento delle imposte relative al fondo, senza il rimpatrio obbligatorio.
In Italia invece l’esportatore agisce in anonimato, non è quindi costretto a dichiarare la sua identità, mentre lo svelamento (disclosure) è l’elemento di fondo del provvedimento americano.
L’Irs, Agenzia delle entrate degli Stati Uniti, ha dichiarato esplicitamente che, attraverso il provvedimento, intende localizzare i capitali all’estero e avere informazioni sugli esportatori, il tutto volto a facilitare futuri accertamenti; questi intenti sarebbero quindi a monte dei contrasti americani con la svizzera Ubs.

“Per chiudere davvero la caverna di Alì Baba è bene anche conoscere chi sono i quaranta ladroni”, scrive la Guerra.
La preoccupazione è che il provvedimento non impedisca di commettere comportamenti scorretti nel futuro, ma si tratti solo di un sistema per raccogliere capitali, senza combattere realmente l’evasione.

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