Brexit, la saga sta per finire e metterà le ali alla sterlina?

A cura di V. Mivelaz e A. Masset, analisti di Swissquote

E’ l’ottimismo che prende il sopravvento. La sterlina è la moneta che più si è messa in evidenza tra le maggiori del G10

I trader infatti sembrano convinti che la Brexit sia giunta ad un punto di svolta decisivo. Il cambio Euro Sterlina sta trattando a livelli che non si vedevano più da maggio 2017 mentre sul dollaro l’apprezzamento è stato dell’1,6% dall’inizio della settimana. Certamente il premier Theresa May dovrà prepararsi ad affrontare una sfida non facile oggi in Parlamento, nella stessa aula in cui lo scorso 15 gennaio ha dovuto incassare una sonora sconfitta, la peggiore che un governo britannico abbia mai dovuto subire nella storia moderna della Gran Bretagna.

E ora, a diciassette giorni dal giorno stabilito per il divorzio generale dall’Unione Europea e dopo quasi due mesi dal primo voto, l’accordo non ha subito finora modifiche significative, nonostante il tentativo della May di ottenere ulteriori concessioni da parte di Bruxelles sul confine con l’Irlanda. E nonostante il premier britannico sia tornata dall’incontro con Juncker sventolando tre documenti che la UE ha definito essere solo “assicurazioni legali significative” e non “legalmente vincolanti” come invece sostiene la May, si rimane comunque ben distanti dalla richiesta da parte dei parlamentari britannici che avevano invece chiesto che il cosiddetto “backstop” con l’Irlanda fosse sostituito con un accordo alternativo. Un punto che verrà certamente sollevato dai laburisti, che lo utilizzeranno per bocciare la proposta di accordo. Il consulente legale del governo, Geoffrey Cox dovrebbe fornire un’ampia analisi e sciogliere la riserva sugli obblighi contenuti nel documento parlando alla Camera dei Comuni lasciando poi liberi gli eletti di prendere la decisione finale.

Dal nostro punto di vista, nonostante l’accordo sembri a portata di mano, bisognerà vedere se il via libera di ieri sera abbia i canoni di un patto vincolante o meno. E’ questo l’aspetto in grado di mutare lo scenario. Al momento, siamo più propensi a credere che si andrà verso una seconda sessione di voto domani in cui finalmente gli eletti alla Camera dei Comuni decideranno se vogliono lasciare l’Europa anche senza un accordo (e noi non lo crediamo) o se chiederanno uno slittamento di qualche mese chiedendo l’estensione dell’articolo 50.

Nel breve, ci aspettiamo che il cambio EUR/GBP possa rimbalzare verso 0.85555 mentre il verificarsi di una svolta importante potrebbe spingere il cambio verso i minimi di marzo 2017 a 0.84852.

Dall’altra parte della Manica, l’Euro, dopo alcuni giorni in cui gli investitori hanno digerito le parole di Draghi e il nuovo scenario sui tassi, sta recuperando le posizioni perdute. Da un paio di giorni a questa parte, infatti, sembra che gli operatori si siano accorti che la BCE non è l’unica banca centrale ad aver pigiato il piede sul pedale del freno e che anche la Fed stia facendo lo stesso. Pertanto, se il differenziale sui tassi è già nei prezzi, cosa andare a guardare se non le prospettive di crescita? 

Sappiamo che il FOMC ha rivisto sostanzialmente le sue stime al ribasso per il 2019 (da 2,5 a 2,3%) e che recentemente la Fed di Atlanta, incorporando i dati del primo trimestre dell’anno, ha fatto una stima di una crescita tra 0,2 e 0,5% per i primi tre mesi dell’anno, ovvero molto meno delle aspettative della Fed di dicembre.

Al di qua dell’Atlantico, la BCE ha tagliato da 1,8 a 1,5% le previsioni per il 2019: sembra dunque che sia l’area euro quella che debba sopportare maggiormente il peso del rallentamento economico, che in ultima istanza dovrebbe rivelarsi positivo per il dollaro. Noi invece riteniamo che le stime di crescita americane siano ampiamente sovrastimate, soprattutto perché l’effetto benefico dei tagli fiscali introdotti da Trump stannno per svanire mentre il costo degli interessi a servizio del debito Usa devieranno i flussi dagli investimenti, con ciò non offrendo il loro contributo alla crescita.

Oltre a ciò, tassi di interessi più alti implicano anche pagamenti più onerosi. Contro questo scenario, siamo in grado di anticipare che la moneta unica continuerà ad apprezzarsi nei confronti del dollaro, anche se dovrà affrontare un percorso ad ostacoli, raggiungendo quota 1,15 entro l’estate e 1,24 alla fine del 2019.

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