Il “male oscuro” di Mediaset sembra essere l’Italia, dove i ricavi nel 2018 sono calati a 2.421,4 milioni di euro rispetto ai 2.555,3 milioni del 2017 (mentre in Spagna hanno tenuto risultando pari a 981,6 milioni dai 996,3 milioni di un anno prima) e l’Ebit è in rosso di 182,9 milioni (rispetto ai -19,1 milioni del 2017) complici le svalutazioni delle attività pay e rispetto ad un Ebit in crescita in Spagna (256,9 milioni di euro rispetto ai 245,3 milioni dell’esercizio precedente).
Se non altro il lavoro di pulizia di bilancio e ristrutturazione delle attività mostra primi risultati confortanti, con la generazione di cassa che torna a crescere a quasi 212 milioni e un indebitamento dimezzato a 736,4 milioni (oltre ad un calo dei costi totali del 4,8%). L’ulteriore rallentamento dell’economia italiana, tuttavia, rende la visibilità del business del “biscione” (la raccolta pubblicitaria) molto bassa tanto più a fronte dell’incertezza politica legata agli esiti delle elezioni europee di maggio.
Gli analisti si attendono peraltro che al netto di eventi straordinari (come furono lo scorso anno i Mondiali di Calcio) l’andamento dei ricavi si mantenga in linea con quello del 2018 grazie all’ulteriore rafforzamento dell’offerta radiofonica e digitale che dovrebbe consentire di consolidare la quota di mercato in Italia (34,8% di share in prima serata e 33,5% nelle 24 ore, in media lo scorso anno), che ha già raggiunto gli obiettivi indicati nel piano industriale del gruppo come target al 2020.
I risultati economici (Ebit e utile netto consolidato) e la generazione di cassa caratteristica consolidata dovrebbero inoltre beneficiare delle ulteriori azioni intraprese (in particolare il processo di “digital trasformation” di Mediaset Premium) migliorando dunque rispetto a quelli dello scorso esercizio.
Il mercato tuttavia attende altro, in particolare novità sul fronte delle alleanze internazionali. Da tempo si ipotizza infatti un asse con la tedesca ProsibienSat.1 che consentirebbe a Mediaset, apportando anche le attività della controllata Mediaset Espana, di costituire un polo europeo della televisione generalista “free” a cui potrebbero in seguito, eventualmente, aggiungersi altre emittenti europee.
In questo modo la presenza, non gradita, del gruppo Vivendi (oggi al 28,8% del capitale e al 29,94% dei diritti, congelati peraltro al 10% dopo la cessione del 19,9% dei diritti stessi al trust Simon Fiduciaria) verrebbe neutralizzata definitivamente. Una presenza che il proposto rinnovo della delega per l’acquisto di azioni proprie (oggi al 3,795%) fino al 10% del capitale entro 18 mesi dalla futura delibera assembleare dovrebbe peraltro già rendere inoffensiva, visto che Fininvest è salita al 44,175% del capitale e al 45,88% dei diritti lo scorso gennaio. Una mossa che spegne per il momento ogni appeal speculativo sul titolo, rendendo anzi più probabile un accordo tra i due gruppi che eviti ai francesi di dover pagare i danni richiesti a suo tempo da Mediaset-Rti (720 milioni di euro) e Fininvest stessa (1,3 miliardi).
A cura di Luca Spoldi, Certified european financial analyst, ceo di 6 In Rete Consulting Ceo (www.6inrete.it)