Draghi si pronuncia sul Dpef: entrate e spese non sono specificate

Al di là dei primi segnali di ripresa, con una stabilizzazione prevista per il 2010, resta tuttavia prioritario dare sostengo al sistema produttivo, evitando un indebolimento strutturale. Se troppe imprese escono da mercato, infatti, l’intera produzione nazionale ne risentirebbe negativamente. Lo afferma Mario Draghi, all’interno della testimonianza da parte del governatore di Bankitalia al Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2010-2013 (Dpef). Le risorse di bilancio devono andare a sostegno di lavoratori ed imprese inoltre, debito pubblico e spesa devono trovare un freno, prima di raggiungere livelli irrecuperabili, già oltre le soglie elevatissime ormai raggiunte.

Occorrono riforme strutturali, affinché si possano gettare le basi per riportare il sistema produttivo italiano su un corretto sentiero di crescita. Quella che si profila, infatti, è la più grave recessione dal dopoguerra, con una recessione in Italia, secondo le ultime stime pari al -5,3% del Pil. Stando al Dpef, solo nel 2013 si tornerà ai valori di produzione del 2007.

Dall’1,5% nel 2007, l’indebitamento netto è tornato a crescere arrivando al 2,7%. Il rapporto fra il debito e il PIL è aumentato di oltre 2 punti, raggiungendo il 105,7 per cento. A pesare sui conti gli sgravi fiscali di quest’anno. Secondo il Dpef 2010-13, l’indebitamento netto dovrebbe aumentare di 2,6% del prodotto, raggiungendo così il 5,3%. Il debito pubblico, invece, è previsto in aumento del 10%, salendo quindi al 115,3% del Pil. Inoltre, per la prima volta negli ultimi 18 anni, quest’anno si raggiungerà un disavanzo primario di bilancio pari allo 0,4% del Pil.

Le amministrazioni pubbliche prosciugano le casse del governo, con un fabbisogno nei primi cinque mesi del 2009 pari a 57,4 miliardi dell’anno, ben 19 miliardi sopra quello del corrispondente periodo dell’anno scorso. La gravità della crisi rende necessario a livello internazionale, l’affiancamento degli stabilizzatori automatici ed alla politica economica, interventi discrezionali di bilancio con politiche anticicliche.

Tuttavia, sottolinea Draghi, in Italia il peso del debito pubblico limita la possibilità di accrescere il disavanzo. L’unica soluzione consta nell’intervenire attraverso modifiche nella composizione del bilancio pubblico. “Il DPEF, oltre a indicare la necessità di proseguire il sostegno temporaneo alle famiglie e alle imprese, assegna alla politica di bilancio due obiettivi principali: assicurare la ripresa del percorso di risanamento dei conti pubblici, con l’obiettivo di una convergenza verso il pareggio di bilancio; sostenere la produttività e la crescita del sistema economico”.

Per sostenere la liquidità alle imprese ed le famiglie, già nel novembre 2008 un primo pacchetto di misure introduceva sgravi fiscali alle aziende e trasferimenti monetari alle famiglie a basso reddito, oltre che gli ammortizzatori fiscali per il biennio 2009-10. Il piano relativo agli investimenti residenziali definito con l’accordo del 31 marzo scorso tra Governo, Regioni ed Enti locali mobiliterà il risparmio privato e contribuirà alla ripresa degli investimenti. Anche la Cassa depositi e prestiti è intervenuto a sostengo di tutte le imprese ed i privati che ad essa si sono rivolti per finanziamenti. Pur non avendo impatto sulle finanze pubbliche, queste misure accrescono la liquidità a disposizione delle imprese, soprattutto quelle medie e piccole. Inoltre, il nuovo decreto si propone l’obiettivo di proseguire con la lotta contro l’evasione ed elusione fiscale.

A differenza del precedente Dpef, però, il presente non include informazioni sui livelli e sulla composizione delle entrate e delle spese. Tale assenza rende difficoltosa la valutazione di alcuni aspetti cruciali della politica di bilancio. “Ad esempio, anche per effetto del criterio della legislazione vigente, il conto tendenziale evidenzia un forte calo della spesa in conto capitale nel 2010. In particolare, la spesa per investimenti – dopo essere salita del 6,3 per cento nel 2009 – scenderebbe del 6,6 per cento (escludendo nel 2009 gli oneri per il riacquisto degli immobili cartolarizzati nel 2002), riportandosi sul valore registrato nel 2006”.

“L’indebitamento netto strutturale, pari a 3,1 punti percentuali di PIL nel 2009, migliorerebbe costantemente fino al 2012 (di circa 0,3 punti percentuali l’anno) e resterebbe sostanzialmente stabile nel 2013. Il debito pubblico aumenterebbe di ulteriori 2,9 punti percentuali del prodotto nel 2010 (al 118,2 per cento) e tornerebbe a ridursi a partire dal 2011, fino a raggiungere il 114,1 per cento nel 2013. Alla fine dell’orizzonte previsivo meno di un terzo del maggior debito connesso con la crisi sarebbe riassorbito”.

Nel 2013 il disavanzo previsto del 2,4% del Pil, è raggiungibile solamente se le spese correnti primarie si riducono in termini reali, in media di un punto percentuale l’anno per i prossimi 4 anni, assumendo una crescita del 2% nel triennio 2011-13. Dal 2013 in poi, l’obiettivo primario rimarrà la riduzione del debito. Senza quest’ultima e senza una crescita, debito e pressione fiscale resteranno realtà incombenti in un’economia, dunque, sempre più stagnante.

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