Rcs, la cura Cairo funziona ma gli investitori temono una frenata del business

Ci sono voluti 10 anni, ma alla fine Rcs Mediagroup è tornata al dividendo: a valere sul risultato 2018, che ha visto ricavi consolidati in crescita del 9% a 975,6 milioni, un Ebitda positivo per 155,3 milioni (+12,3% sul 2917) e un utile netto di 85,2 milioni (in aumento del 20% sul 2017) e soprattutto un calo dell’indebitamento finanziario netto a 187,6 milioni dai 287,4 milioni di fine 2017, il Cda ha proposto la distribuzione di un dividendo di 6 centesimi di euro per azione (pari ad un dividend yield del 4% circa rispetto alle quotazioni attuali).

Adesso, come segnalato da Urbano Cairo, Ceo e azionista di maggioranza dell’editore del Corriere della Sera, “l’obiettivo è continuare ad andare bene e avere dei risultati positivi che consentano di continuare a dare dividendi”. In effetti la “cura Cairo” sembra aver funzionato: divenuto azionista di controllo di Rcs dopo l’Opa del 2016, quando il debito era ancora superiore a 400 milioni, Cairo ha tagliato i costi senza pietà ma anche senza rinunciare ad investimenti sia in prodotti editoriali tradizionali (l’ultimo preannunciato è un possibile settimanale finanziario, per colmare un vuoto creato dalla chiusura qualche anno fa de Il Mondo) sia in ambito digitale.

Nel complesso i ricavi hanno retto (furono pari a 1,03 miliardi a fine 2015 per poi calare a 968,3 milioni l’anno successivo), la marginalità (Ebitda) è volata (dai 16,4 milioni del 2015 agli oltre 155 milioni attuali). Il mercato non sembra tuttavia aver del tutto gradito, tanto che il titolo è calato da 1,468 euro della chiusura di lunedì scorso agli attuali 1,324-1,328 euro, perdendo in sole tre sedute quasi il 10%.

Cosa ha inquietato il mercato?

Forse l’andamento della raccolta pubblicitaria, cresciuta a 405,8 milioni nel 2018 con un incremento su base omogenea di 7,5 milioni, ossia del 2% circa, del tutto in linea con l’andamento generale del mercato italiano. Eppure guardando i ricavi nel dettaglio si nota come mentre i ricavi editoriali sono rimasti sostanzialmente stabili, quelli delle attività digitali siano in decisa crescita essendo arrivati a 163 milioni (+12,6% rispetto all’esercizio precedente), con un’incidenza sui ricavi complessivi salita al 16,7% (al 18% se non si tiene conto dell’applicazione del Ifrs 15 che ha comportato effetti positivi per 100,7 milioni).

I target price e i giudizi degli analisti su Rcs

Visto che proprio la raccolta sul web è la parte più vitale del mercato pubblicitario italiano, quello che emerge dai conti di Rcs è certamente un trend positivo. Gli investitori sembrano tuttavia temere i segnali di rallentamento emersi proprio negli ultimi tre mesi del 2018, giudicati da Kepler Cheuvreux “al di sotto delle attese” tanto che gli analisti hanno preferito abbassare le previsioni di utili 2019 per azione del 18,5% e del 17,6% quelle per il 2020 anche in vista di uno “sviluppo più cauto sul fronte dei ricavi e dei costi”, riducendo di pari passo il rating sul titolo da “buy” a “hold”.

Una cautela condivisa dagli analisti di Mediobanca Securities che hanno invece confermato un giudizio “neutral” con un target price a 1,04 euro per azione, di fatto un 25% inferiore alle quotazioni correnti. Il quadro emerso dai conti e le reazioni degli analisti confermano la ciclicità del business di Rcs in un momento in cui l’economia italiana è nuovamente entrate in recessione tecnica. Per quanto la storia di ristrutturazione del gruppo editoriale resti interessante, a breve il titolo andrebbe solo mantenuto in portafoglio o comprato su debolezza e in un’ottica di diversificazione del portafoglio da parte di coloro che non avessero già un’esposizione a titoli ciclici.

A cura di Luca Spoldi, Certified european financial analyst, ceo di 6 In Rete Consulting Ceo (www.6inrete.it)

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