Reflazione in vista: ecco perché i mercati non scendono

A cura di Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy di Swissquote

Molti di noi, impegnati per buona parte della giornata davanti agli schermi a scrutare con un occhio i movimenti di mercato e con l’altro il caos senza fine della Brexit, si stanno chiedendo per quale motivo il premio al rischio (notevolmente incrementato) non venga prezzato dagli asset in contrattazione. E questo perché non c’è solo la questione della grande incertezza dei futuri rapporti tra il Regno Unito e l’Unione Europea (che comunque può incidere sul 20% dell’economia globale) poichè i dati economici continuano a indicare che il rallentamento globale potrebbe durare più del previsto. Oltre a ciò, molti analisti si attendono una recessione a causa della debolezza del settore manifatturiero e degli scambi.

Noi crediamo che la divergenza tra le scoraggianti performance economiche e la resilienza dei mercati finanziari sia ormai definitivamente da ascrivere al ruolo pivot giocato dalle banche centrali: con i rendimenti del Bund nuovamente in territorio negativo e l’inversione della curva dei rendimenti Usa ciò che appare all’orizzonte è chiaramente una maggiore debolezza. Il movimento dei dots della Fed sono altresì un chiaro segnale che le maggiori banche centrali si stanno spostando ancora da uno scenario di normalizzazione ad uno di reflazione.

Di qui le misure di politica monetaria nuovamente accomodanti che fanno diminuire il premio al rischio. Siamo stati e siamo di nuovo spettatori dell’effetto potente dell’allentamento delle banche centrali che stanno guidando il maggior rialzo di sempre delle Borse sottostimando la minaccia di eventi esterni idiosincratici.

D’altra parte, anche la direzione dell’inflazione suggerisce che modifiche dell’attuale bias siano poco probabili: nei mesi a venire la Cina dovrebbe introdurre ulteriori agevolazioni monetarie, l’Europa propone un allentamento fiscale modesto e il supporto geopolitico offerto dall’accordo commerciale tra Cina e Usa dovrebbe essere sufficiente a fornire una base stabile per i prezzi del mercato azionario.

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