Cauti, ma ottimisti: la view di Gam Investments

A inizio marzo i mercati sono stati turbati da una serie di notizie non del tutto positive. Le esportazioni e le importazioni cinesi a febbraio sono scese oltre le previsioni. La Banca centrale europea (BCE) ha scosso i mercati riducendo oltre il previsto le stime di crescita dell’Eurozona. Il rapporto sull’occupazione USA di febbraio ha segnalato un’evidente decelerazione della crescita dei posti di lavoro.

“Nel frattempo, si sono intensificati i timori che gli Stati Uniti e la Cina non riescano a raggiungere l’intesa commerciale nei tempi sperati: il summit tra i presidenti Xi e Trump a fine mese sembra ora in dubbio e nello stesso tempo l’incertezza legata alla Brexit potrebbe continuare – spiega Larry Hatheway, capo economista di GAM Investments – Molti economisti ora prevedono una recessione entro la fine del 2020. I mercati obbligazionari sembrano andare lentamente in tale direzione. Le curve a termine indicano che è più probabile che la Federal Reserve tagli i tassi, anziché alzarli. I rendimenti decennali in Germania sono solo leggermente positivi, dopo aver perso circa 50 punti base rispetto ai massimi del 2018. I mercati azionari sono agitati”.

In Cina abbiamo assistito a una stretta monetaria (del credito) dalla fine del 2017 per buona parte del 2018. “Però il Paese ora sta invertendo la tendenza: dopo l’incontro del Congresso nazionale del popolo della scorsa settimana, la politica fiscale e quella del credito dovrebbero essere più accomodanti nel tentativo di stabilizzare la crescita – continua Hatheway – Il primo trimestre è sempre problematico per i dati provenienti dalla Cina poiché il Capodanno cinese non ha una data fissa. Le avverse condizioni climatiche e la sospensione dei servizi federali negli Stati Uniti potrebbero aver portato a una distorsione degli ultimi dati sull’occupazione”.

Per buona parte del 2018, le condizioni dei mercati del credito, azionari e valutari sono state positive e si sono contratte solamente durante l’ultimo trimestre dell’anno, dopo che la crescita aveva già rallentato. “Le condizioni finanziarie non hanno fatto precipitare il rallentamento mondiale e inoltre, quest’anno i mercati azionari e del credito hanno recuperato, in concomitanza con il calo dei rendimenti obbligazionari – continua l’esperto di Gam – Se sostenute, tali dinamiche trasformeranno gli ostacoli in fattori trainanti. Di sicuro, la politica fiscale non può essere il motivo principale del rallentamento dello scorso anno, considerata l’introduzione dei tagli fiscali negli Stati Uniti. Nel 2019 gli stimoli fiscali negli USA svaniranno, ma questo dovrebbe solo rallentare l’economia verso valori medi, non spingerla in territorio di recessione”.

La decelerazione nel 2018 non può essere attribuita né ai prezzi dell’energia né a un boom insostenibile degli investimenti. I prezzi dell’energia, l’anno scorso, hanno oscillato entro margini relativamente ristretti. Gli scarsi investimenti residenziali e non residenziali a livello globale hanno contraddistinto l’ultimo decennio. Non potevano dunque precipitare da livelli elevati.

Dunque, a cosa è attribuibile il rallentamento della crescita nel 2018? “Probabilmente sono tre i fattori responsabili di questi sviluppi, due dei quali stanno già svanendo – prova a rispondere Hatheway In primo luogo, la contrazione del credito in Cina ha rallentato la crescita in Paesi ciclicamente collegati agli scambi commerciali e al settore manifatturiero, ovvero le economie emergenti ed europee. La Cina ora sta cambiando approccio, dunque è probabile che si tirerà un sospiro di sollievo.

Secondo, alcuni fattori particolari collegati alla produzione di automobili (come per esempio la crisi del diesel) e ai trasporti hanno colpito l’Europa lo scorso anno. Difficilmente si ripeteranno nel 2019.

Terzo, l’incertezza ha pesato sulla crescita, come ha sottolineato il Presidente della BCE Draghi la scorsa settimana. I timori di una guerra commerciale, la Brexit, il populismo, la stretta della Fed e altri rischi politici e strategici hanno contenuto “gli spiriti animali”. Ma anche qui ci aspettiamo dei cambiamenti. La banca centrale americana, per esempio, si è fatta “paziente” e la BCE più accomodante”.

La guerra commerciale e la Brexit probabilmente hanno rappresentato un freno più forte per la crescita globale di quanto credano molti economisti. Ciò che conta non è l’impatto diretto dei dazi, quanto l’incertezza che corrode la fiducia, limitando gli investimenti e la spesa discrezionale. “Le implicazioni sono chiare: le prospettive della crescita globale dipendono molto dalla capacità di evitare un esito negativo in modo credibile – aggiunge Hatheway -La credibilità è importante. Un accordo commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina non è sufficiente ad alimentare la fiducia e la crescita, se poi basta un tweet per screditarlo. Il rinvio a breve termine della Brexit non allontana la spada di Damocle che pende sulle economie britannica ed europea.

Eppure, se si troverà una soluzione a entrambe queste problematiche, l’economia mondiale potrebbe trovare un appiglio. Stiamo dunque monitorando tali sviluppi che potrebbero rappresentare un catalizzatore per tornare a investire in strumenti più esposti al rischio”.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!