In fondo al barile

Alla prima categoria appartengono la gran parte dei parlamentari della maggioranza. Alla seconda una piccola parte di deputati e senatori che sostiene comunque il governo. Alla terza, ovviamente, gli esponenti dell’opposizione. La torta complessiva dei capitali all’estero non macchiati da reati di sangue o di mafia viene considerata (per difetto) attorno ai 600 miliardi di euro. Si calcola, anzi si spera, che torneranno in patria tra i cento e i 150 miliardi. L’idea è di ricavarne per lo Stato un introito attorno ai 5 miliardi. Le altre due volte, nel 2001 e nel 2003 seppur con modalità diverse, sono rientrati in Italia 77,7 miliardi.

Perché ci si chiede a mezza bocca in alcuni ambienti politici del centrodestra, per esempio quelli ex-An, questa volta dovrebbe andare meglio e addirittura raddoppiare gli importi rimpatriati? Una teoria sostenuta anche da Giuliano Cazzola: «In una situazione così drammatica, a meno di aumentare le tasse o diminuire i servizi, si è optato per uno strumento di finanza creativa. Il vero punto ora è capire se  con questo intervento il governo centrerà l’obiettivo che si è prefisso, perché l’altra volta non andò bene». Gli italiani hanno portato i soldi all’estero per paura. E’ un sentimento che grava sulle spalle dei cittadini dello Stivale da decenni. Come minimo dagli anni ’70, quando in Italia imperversavano i rapimenti e la paura dei comunisti. Nonostante i tempi siano profondamente cambiati, questi timori sono rimasti.

C’è poco da fare. Magari se non sono più i rapimenti e i comunisti al primo posto, la scala dei valori della paura, attualmente si è girata sull’instabilità politica, il problema della sicurezza legato alla forte presenza di extracomunitari nel nostro paese. L’altro incubo è l’opinione del prossimo. In Italia è molto forte una sensazione: essere ricchi, agli occhi dei più, significa aver commesso una sorta di reato di “lesa povertà”. I politici stanno molto attenti alle opinioni della gente e tra i parlamentari cattolici, per esempio, c’è la sensazione che lo scudo fiscale faccia prevalere l’idea che alla fine si privilegiano sempre i ricchi. Dopo le vicende berlusconiane di Villa Certosa e delle escort di Palazzo Grazioli, la componente cattolica del Pdl non ci tiene affatto a mettersi ulteriormente contro la morale comune. Ai mal di pancia esistenti ma inconfessabili degli esponenti della maggioranza per motivi di partito si aggiungono quelli palesi dell’opposizione. Vincenzo Visco, per esempio, ex ministro del Tesoro nei governi di centrosinistra spara a zero sullo scudo. «Bisogna chiamarlo col suo nome» ha dichiarato. «E’ un condono esattamente come lo era quello del 2003 ed è in contrasto con tutte le affermazioni etiche e le tavole della legge sbandierate con i global legal standard. Con questo strumento i criminali sceglieranno l’anonimato e l’impossibilità di accertamento. Oppure non aderiranno.

Tanto si aspettano che ci sia un altro condono», ha insistito l’ex ministro. «In secondo luogo è bene chiarire che l’introduzione di un nuovo scudo non ha nulla a che vedere con la lotta ai paradisi fiscali che, semmai si riuscirà a fare, avrà successo solo se partirà da Bruxelles o dagli Stati Uniti». «Altro che lotta ai paradisi fiscali. Il governo sta solo cercando denaro fresco». Enrico Morando, senatore del Partito democratico, molto vicino al segretario Dario Franceschini, va giù duro sull’onda di Visco.

«La necessità di avere un gettito immediato ha avuto il sopravvento su una concertazione internazionale per un nuovo sistema di regole sui paradisi fiscali », rincara l’esponente Pd. «Finora Tremonti aveva tentato un raccordo con i nostri partner: un’operazione sensata. Ma con lo scudo ha tradito questo approccio ». Ovviamente agli antipodi il ministro Giulio Tremonti che, illustrando il provvedimento, ha detto che «l’unica maniera per contrastare l’evasione e i paradisi fiscali è svuotare la caverna di Alì Babà». Il tema della ricerca di denaro a tutti i costi è ricorrente tra gli esponenti del Pd. Ma è sopratutto un dato di fatto che non ha negato nemmeno il presidente del consiglio Silvio Berlusconi alle prese con la necessità di trovare le risorse per finanziare la ricostruzione delle zone d’Abruzzo terremotate. Ma le necessità finanziare non si fermano alla ricostruzione, ma è un problema che riguarda tutto il mondo e l’Italia in particolare a meno che non si voglia far salire il debito pubblico ancora più in alto. In fondo anche Obama sta raschiando il barile in cerca di soldi. Ha lanciato l’idea di tassare le bibite gassate e zuccherate. Se non è raschiare il barile questo…


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