Finirà il rallentamento?

A cura di Bill Papadakis, Macro Strategist Banque Lombard Odier & Cie

Le prospettive a breve termine dell’Eurozona dipendono dall’eventualità che persista l’attuale debolezza legata al commercio e da quante probabilità ci sono che tale debolezza si riversi sulla domanda interna in termini concreti. Le risposte sono – naturalmente – correlate: più a lungo il commercio si mostra debole, più la fiducia, gli investimenti, l’occupazione e i consumi potrebbero esserne influenzati.

Anche se confuse, in questo momento le prospettive del commercio globale sono verosimilmente un po’ meno tetre rispetto alla fine del 2018.

Sarebbe indubbiamente positivo per l’Eurozona che i recenti incerti segnali di miglioramento trovassero conferma e il commercio mondiale si riprendesse. Al contrario, ogni ulteriore rischio, come una possibile decisione degli USA di imporre dei dazi sulle auto europee, sarebbe l’ultima cosa di cui hanno bisogno ora le economie europee. La domanda interna è sostenuta dalla crescita dell’occupazione, da un aumento dei salari e, grazie all’inflazione bassa, da un forte potere di acquisto.

Questi sono fattori potenti e non particolarmente volatili ed è il motivo per cui poniamo grande attenzione su di essi. Detto ciò, i settori dell’economia nazionale non sono privi di segni di debolezza. I servizi hanno evidenziato un rallentamento inferiore a quello del settore manifatturiero, ma non possono dirsi immuni. E il ritmo di creazione di posti di lavoro è destinato a frenare con il maturare del ciclo congiunturale.

La questione più critica è il margine limitato per una risposta politica. Anche se la BCE insiste che i suoi strumenti di intervento sono pronti all’uso, pensiamo che ci sia ben poco che possa fare a questo punto. L’annuncio di marzo è stato un caso emblematico: la BCE ha esteso la propria previsione sui tassi di interesse e ha annunciato nuovi TLTRO.

Ciò potrebbe evitare misure restrittive ingiustificate e i mercati hanno certamente preso nota del messaggio , ma è improbabile che stimoli la crescita in maniera significativa. Il fatto che l’attuale debolezza economica sia provocata in larga parte da fattori esterni complica la questione. Una politica monetaria più accomodante può aiutare se la domanda interna è debole o se il canale di prestito è bloccato – cosa di cui ad oggi ci sono poche prove concrete.

Infatti, la crescita monetaria dell’Eurozona è leggermente rallentata, nonostante la fine del QE. Ma il brusco calo delle quotazioni dei titoli bancari europei dopo la riunione di marzo mostra anche gli effetti potenzialmente negativi dell’attuale orientamento della politica monetaria. Una risposta della politica fiscale sarebbe più efficace in un momento di tassi di interesse negativi – ma finora le speranze di un orientamento volto agli stimoli fiscali nell’Eurozona si sono spesso dimostrate mal riposte, dal momento che i paesi con maggiore libertà d’azione sono riluttanti a usarla.

Quindi, con una risposta politica verosimilmente assente o inefficace, l’Europa può solo sperare in un miglioramento del commercio mondiale – e nell’assenza di incidenti (vedi la discussione sulla Brexit).

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