Usa, il Pil del Q1 oltre le attese. Prossima settimana la riunione della Fed

L’economia statunitense è cresciuta del 3,2% annualizzato nel primo trimestre del 2019, in accelerazione rispetto al +2,2% del trimestre precedente. Il dato è risultato ben sopra il consenso (2,3% per Bloomberg) e le stime della Fed di Atlanta (+2,7%).

“All’accelerazione della crescita hanno contribuito, in particolare, la spesa governativa locale e le scorte, mentre c’è stato un rallentamento dei consumi personali e degli investimenti fissi non residenziali – commenta Vincenzo Longo, market strategist di IG – Positivo anche l’apporto della bilancia commerciale, che ha visto un’accelerazione dell’export e un contestuale calo dell’import. Analizzando nel dettaglio il dato, la crescita sembra essere meno entusiasmante di quanto appare a primo sguardo”.

Da un lato il balzo delle scorte potrebbe essere indice di un rallentamento dei consumi e potrebbe condizionare la produzione industriale dei prossimi mesi. Inoltre, la bilancia commerciale ha avuto un contributo positivo grazie all’accelerazione dell’export e al calo dell’import, fattore quest’ultimo che alimenta qualche dubbio.

“Certo è da apprezzare l’aumento della produttività in un contesto di bassa inflazione, un mix perfetto questo per la crescita economica – continua Longo – Nel complesso, quindi, i dati sono solidi, ma la portata sorprendete rispetto alle attese andrebbe un po’ ridimensionata. Stupisce comunque vedere un +3,2% di crescita nel primo trimestre dell’anno, nonostante i fattori stagionali (condizioni meteo) e straordinari (shutdown) che si sono susseguiti”.

Questi numeri faranno riflettere molto gli operatori della Federal Reserve nella riunione di politica monetaria della prossima settimana. Sebbene Powell continuerà a proclamare prudenza, se i dati continuano con questo tenore rimane aperta la possibilità di un rialzo dei tassi nell’ultima parte dell’anno.

“Il mercato ha apprezzato comunque le cifre, con i future sugli indici Usa che hanno accelerato al rialzo dopo la pubblicazione del dato – conclude Longo – Il dollaro si è rafforzato inizialmente salvo poi invertire la rotta verso le principali valute mondiali, complice anche il calo dei rendimenti sul Tnote scesi verso il 2,50%”.

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