Elezioni europee cruciali per la prossima fase di ribasso: la view di Hermes Im

A cura di Silvia Dall’Angelo, Senior Economist di Hermes Investment Management

L’economia dell’Eurozona ha subito un forte rallentamento nella seconda metà del 2018 e ha iniziato il 2019 su basi deboli. Riteniamo che la crescita si stabilizzerà, anche se a ritmi più lenti, stimolata da fattori positivi come un mercato del lavoro solido, una politica fiscale espansiva, politiche monetarie più accomodanti a livello globale e le misure di stimolo della Cina. Per il 2019 prevediamo una crescita dell’1% circa, in calo rispetto all’1,8% nel 2018 e al 2,4% nel 2017.

L’area è comunque ancora esposta a notevoli rischi al ribasso, soprattutto a causa dell’incertezza politica interna ed esterna, in particolare alla luce del recente inasprimento delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. L’economia dell’area Euro appare vulnerabile perché priva degli strumenti per affrontare una prossima crisi. La risposta dovrà venire dalla politica fiscale, ma finora non si sono registrati progressi sufficienti rispetto alla creazione di un bilancio dell’Eurozona.

 

L’impatto delle elezioni europee

L’esito delle elezioni europee di questo mese potrebbe risultare in un ulteriore rallentamento del processo di integrazione europea, con conseguenze sulla capacità dell’Eurozona di gestire una prossima fase di ribasso.

L’Europa non è stata estranea al fenomeno del populismo. Nel giugno scorso, il Movimento Cinque Stelle e la Lega hanno creato una coalizione di governo in Italia, mentre il partito di estrema destra Alternativa per la Germania è entrato per la prima volta nel parlamento tedesco con la tornata elettorale del 2017.

Di certo, le condizioni economiche hanno avuto un impatto sulla reputazione del progetto dell’UE, in particolare per quanto riguarda la sua capacità di generare un contesto di benessere. In effetti, le ultime due recessioni in Europa si sono succedute rapidamente e sono state seguite da recuperi lenti e disomogenei. Inoltre, il fatto che i governi nazionali tendano ad attribuire alle istituzioni europee la responsabilità delle questioni interne non è stato d’aiuto.

Questi fattori, insieme al fatto che le elezioni europee tradizionalmente tendono ad esacerbare il voto di protesta, lasciano intuire un probabile riscontro significativo per i partiti populisti.

  

Il consenso dei partiti populisti

I populisti europei sono tuttavia caratterizzati da un elevato grado di frammentazione. Pur concordando tutti sul principio del travaso della sovranità dall’UE agli Stati membri, non hanno opinioni coerenti in altri ambiti.

La nostra view di base è che i tre principali gruppi parlamentari – il Partito popolare, i Socialdemocratici e i Liberali – conserveranno probabilmente il controllo del Parlamento europeo. A loro volta, potranno incidere sulle nomime di alto livello all’interno dell’Unione. Ma dovranno cooperare, in particular modo rispetto alla definizione di politiche fiscali comuni.

 

Un quadro fiscale comune

Attualmente, sembra che la Bce abbia esaurito le opzioni, nonostante le rassicurazioni di avere ancora un ampia gamma di strumenti a disposizione. Ci sono limiti oltre i quali i tassi negativi non possono andare e, allo stesso tempo, il QE della Bce ha probabilmente raggiunto i suoi vincoli politici. Vi è una sola opzione credibile per gestire una possibile futura fase di ribasso: la risposta deve venire dalla pollitica fiscale e, aspetto ancora più importante, deve prevedere un quadro fiscale comune, dato che gli shock sono di solito asimmetrici.

Un quadro fiscale comune completerebbe e sosterrebbe l’unione monetaria, ma non sarà facile da realizzare in quanto i diversi Paesi hanno contesti fiscali differenti. Inoltre, la disponibilità di trasferimenti fiscali all’interno dell’Unione pone problemi di opportunismo, il cosiddetto moral-hazard.

Lo scorso dicembre, i leader dell’Eurozona hanno deciso di creare un bilancio dell’Eurozona come strumento di convergenza e competitività dell’area. Le sue dimensioni e la sua struttura saranno tuttavia determinate all’interno dei vincoli del più ampio quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’UE e, anche se le caratteristiche di tale bilancio dovrebbero essere concordate entro giugno, un ritardo nella sua approvazione sembra probabile.

In effetti, i toni del dibattito si sono recentemente smorzati, almeno pubblicamente. Con l’avvicinarsi delle elezioni europee, l’attenzione si è spostata sulla campagna elettorale e sulla preparazione del terreno per decidere chi occuperà le posizioni di vertice dell’Unione. Qualsiasi ritardo nel quadro finanziario pluriennale genera un effetto a catena sul bilancio dell’Eurozona. Per il momento, sembra improbabile un’approvazione prima dell’estate.

I partiti populisti acquisiranno probabilmente un potere sufficiente a intervenire in maniera significativa sui processi decisionali, minando il funzionamento delle istituzioni europee dal loro stesso interno. Ciò ostacolerebbe il già difficile processo di integrazione, compromettendo la capacità della zona Euro di affrontare una prossima fase di ribasso o di recessione. Dipenderà dalla capacità del prossimo Parlamento il portare avanti il processo di riforma in corso e rafforzare il progetto dell’UE. Ed è proprio su questo tema che le prossime elezioni saranno cruciali.

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