Non solo “Sell in May”: la guerra commerciale pesa sui listini

A cura di Notz Stuckiù

Il grafico sottostante è esplicativo. Si può osservare come i mercati abbiano sofferto significativamente nel mese di Maggio e non solo a causa della strategia dei trader più esperti chiamata “sell in May and go away”. Quest’ultima prevede un disinvestimento delle posizioni a Maggio, per poi rientrare verso Novembre, per il semplice fatto per cui in questo lasso di tempo i mercati siano storicamente meno performanti. Il motivo principale è legato ad un inasprimento dei rischi globali persistenti già dallo scorso anno, con particolare riguardo ai dazi imposti dagli USA.

Performance delle principali asset class nel mese di Maggio

 

Le tensioni commerciali stanno incalzando e l’impatto maggiore lo vediamo sui mercati azionari. In alto a sinistra del grafico possiamo vedere come le performance siano risultate tutti negative nel mese di Maggio, dopo un significativo rimbalzo da inizio anno in risposta ad un atteggiamento dei mercati eccessivamente negativo nell’ultimo trimestre del 2018. D’altra parte, il comparto obbligazionario sta reggendo l’urto, soprattutto quello Investment Grade, che comprende cioè le obbligazioni con alto merito creditizio.

La ragione sta nel fatto che nei periodi di alta volatilità e aumento della percezione del rischio, la domanda di beni rifugio risulti maggiore. Non a caso, vediamo nel grafico in basso sinistra performance positive del franco svizzero pari al 2,2% (CHF), dello Yen al 3,1% e dell’oro, in basso a destra, all’1,7%, che rappresentano tradizionalmente gli asset preferiti dagli investitori nei periodi più burrascosi.

E proprio questa settimana è arrivato l’allarme da parte del Fondo Monetario Internazionale. Il direttore generale Christine Lagarde ha affermato che i dazi USA-Cina costeranno all’economia mondiale lo 0,5% del PIL nel 2020 e, inoltre, ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita cinese per il 2019, ovvero 6,2% contro il 6,3% previsto in precedenza.

Ma non solo Cina, i tweet del Presidente americano han colpito anche il Messico. Trump ha annunciato una tariffa pari al 5% su tutti i beni che entrano negli USA e sarà destinata a salire fino al 25% a meno di un’interruzione del flusso migratorio proveniente dall’America Centrale e, in particolar modo, dal Messico. Questa escalation dunque va a vanificare la possibile apertura di Trump di qualche settimana fa, quando aveva rimosso i dazi su alluminio e acciaio introdotti l’anno scorso.

Ma come è ragionevole pensare, gli Stati Uniti ricercano anche delle opportunità nei rapporti commerciali. Infatti, negli ultimi giorni il Presidente Trump si è pronunciato sulla vicenda Brexit, spingendo per un’uscita dall’Unione Europea il più presto possibile, per poter dar luogo ad accordi bilaterali. Dunque non resta che attendere che le parti prendano accordi, a beneficio dei mercati e dell’economia mondiale.

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