Rischi crescenti per l’azionario europeo

Tra incertezza politica, guerre commerciali, rallentamento economico, calo delle aspettative degli utili e valutazioni poco attraenti, Stéphane Dutu, Fundamental Analyst di Unigestion, fa il punto della situazione attuale per l’azionario europeo.

Quando pensiamo ai pericoli per chi investe nell’azionario europeo, i rischi di natura politica sono i primi che vengono in mente. Come possiamo descrivere la situazione attuale?
Riteniamo che i rischi politici europei stiano nuovamente aumentando a causa dei preoccupanti sviluppi nel Regno Unito e in Italia.

Nel primo caso, le probabilità di una hard Brexit sono aumentate in seguito alle dimissioni del Primo Ministro, Theresa May, a causa del mancato raggiungimento di un accordo sull’uscita dalla Ue con la Camera dei Comuni. Stando ai bookmakers, Boris Johnson è il principale candidato alla futura leadership dei Tory e il più probabile sostituto di May nel ruolo di Primo Ministro, di qui alla fine di luglio. A nostro avviso, si tratterebbe di un esito negativo. L’ex ministro degli Esteri è pronto ad accettare un no-deal – se, tra le altre cose, l’Irish backstop non venisse eliminato dai punti oggetto di trattative con Bruxelles – e non vuole rinviare Brexit oltre la fine di ottobre, il che non fa ben sperare per i futuri negoziati. Data la crescente popolarità del nuovo Brexit party guidato da Nigel Farage, l’arcinemico britannico dell’Ue, molti leader dei Tory sono ora convinti di dover chiudere rapidamente l’accordo per Brexit, altrimenti rischierebbero l’estinzione del proprio partito.

In Italia, le tensioni tra i 5 stelle e la Lega sono salite a tal punto che la fine della fragile coalizione di governo seguita da elezioni anticipate è ora uno scenario probabile. I sondaggi suggeriscono che da nuove elezioni non esca una coalizione di maggioranza praticabile, né per i partiti di destra né per quelli di sinistra, portando così alla paralisi politica e all’instabilità. L’Italia è un mercato azionario piuttosto piccolo, ma è la terza economia dell’Eurozona e il suo mercato obbligazionario sovrano è il più grande della regione. Una sequenza di eventi così sfavorevoli avrebbe quindi un peso su tutti i mercati azionari europei.

Vi sono fattori positivi in grado di sostenere l’equity europeo?
Sì, il tono sempre più accomodante delle banche centrali di rilevanza sistemica è un fattore positivo per i mercati azionari. Sia la Federal Reserve statunitense che la Banca centrale europea hanno manifestato sempre più spesso l’intenzione di allentare la politica monetaria in caso di un ulteriore rallentamento dell’economia mondiale.

Il rallentamento economico a livello internazionale, come già sottolineato, rappresenta uno dei principali elementi di rischio?
Sì, il rallentamento del Pil globale continua e va detto che la perdita di slancio economico è più evidente in Europa, soprattutto in Germania. Il paese è stato colpito negativamente da una crisi di fiducia nel suo settore chiave, quello automobilistico, nonché dalla sua esposizione, superiore alla media, al rallentamento del commercio internazionale. E la Germania, in quanto motore economico dell’Europa, sta contagiando i suoi vicini.
Altrove, in Cina, il rallentamento economico non è solo il risultato delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Ci sono anche fattori strutturali che la leadership comunista può solo parzialmente compensare se non vuole portare la leva finanziaria del Paese, già oggi elevata, ad un livello troppo pericoloso.
Gli Stati Uniti sono rimasti finora largamente indenni dal rallentamento dell’economia mondiale. Ma, detto questo, è probabile che nei prossimi 12 mesi assisteremo ad una crescita del Pil americano meno robusta per le seguenti ragioni:

  • L’impatto positivo degli ultimi tagli fiscali terminerà quest’anno;
  • L’effetto ritardato della passata stretta monetaria sta iniziando a farsi sentire in segmenti dell’economia più sensibili ai tassi d’interesse, come le vendite di automobili e l’edilizia abitativa;
  • La radicalizzazione sia dei Democratici che dei Repubblicani potrebbe far precipitare le speranze di un accordo bi-partisan sul necessario aumento della spesa per le infrastrutture pubbliche. Se i Democratici si impadronissero del Congresso e della presidenza nel 2020, potrebbero persino aumentare le tasse, ad esempio per finanziare il loro ambizioso programma di transizione energetica, che minerebbe la fiducia degli operatori economici.

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina continua a fare notizia. Cosa possiamo aspettarci per il futuro?
Le questioni fondamentali che hanno portato al conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina non sono state risolte. L’amministrazione statunitense si aspetta un fermo impegno da parte delle autorità cinesi ad affrontare le seguenti questioni che, secondo loro, hanno colpito le imprese americane e i lavoratori statunitensi:

  • Mancanza di protezione della proprietà intellettuale;
  • Trasferimento tecnologico forzato;
  • Sovvenzioni statali alle imprese cinesi;
  • Crescente deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina.

Inoltre, gli Stati Uniti insistono anche sulla rigorosa applicabilità di qualsiasi accordo commerciale concordato e sul mantenimento dei maggiori dazi sulle importazioni cinesi, almeno fino a quando non saranno state raccolte prove sufficienti sul rispetto della parola data. Dubitiamo che i cinesi accetteranno facilmente requisiti così severi, per cui è probabile che rischi di guerra commerciale persistano nei prossimi mesi.

Quali sono le prospettive per gli utili aziendali?
A causa del rallentamento della crescita globale, le aspettative di guadagno sono diminuite, il che rappresenta un onere per le azioni. E con valutazioni azionarie già al di sopra della media storica, ci aspettiamo che i livelli attuali non saranno sostenibili a fronte del calo delle previsioni degli utili.
Se guardiamo ai numeri, le previsioni di guadagno per i prossimi 12 mesi sono in calo del 4% rispetto al loro picco di settembre 2018. Con una contrazione degli utili dell’1% rispetto all’anno precedente, il primo trimestre del 2019 non è stato incoraggiante.

Considerato lo scenario attuale, siete su posizioni rialziste o ribassiste?
Riassumendo, mentre le principali banche centrali sono diventate maggiormente supportive, ci sono potenti venti negativi che continuano a sospirare e ad indebolire l’azionario. Questi sono i crescenti rischi politici, il rallentamento economico globale che non vede soste, l’irrisolto conflitto commerciale tra Cina e Stati Uniti, il calo delle stime degli utili e le valutazioni troppo elevate delle azioni.
Alla luce di ciò, riteniamo che il posizionamento difensivo che abbiamo adottato nei nostri portafogli azionari europei a metà del 2018 sia ancora giustificato.

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