Rischio Italia, cercasi paracadute

A cura di Francesco Lavecchia, Morningstar

Dove trovare riparo in Europa se l’Italia diventasse bersaglio della speculazione dei mercati? Le reciproche schermaglie tra i partiti di maggioranza del Governo alimentano le voci di una possibile crisi mentre le pressioni da parte della Commissione europea per adottare delle misure per contenere il debito hanno fatto risalire lo spread dei decennali italiani dai minimi degli ultimi sei mesi (a quota 233,8 punti base di marzo scorso) fino a un passo dai 290 pb. E questo, abbiamo imparato negli ultimi anni, non fa bene né all’economia del Belpaese, che deve sostenere un costo più alto per finanziare la propria spesa, né tantomeno ai listini di Piazza Affari, sbilanciati sul settore bancario. La Borsa italiana è stata infatti la peggiore tra quelle del Vecchio continente come dimostrano i risultati degli indici Morningstar della regione (Figura 1).

Figura 1

 

I paesi più esposti

Ma cosa possono fare gli investitori che vogliono mantenere la loro quota di equity Europa in portafoglio nel caso in cui debbano difendersi da un eventuale attacco speculativo all’Italia? Abbiamo provato a rispondere a questa domanda analizzando l’esposizione all’economia italiana dei paesi europei in termini di ricavi prodotti nella Penisola in modo da individuare quelli che potrebbero essere meno colpiti da una possibile crisi economica e finanziaria del Belpaese.

I risultati dell’analisi di revenue exposure di Morningstar Direct dicono che il paese più esposto è l’Austria, dove oltre il 5% dei ricavi complessivi dalle aziende è prodotto in Italia. Seguono Francia con il 3,6% e Germania con il 3,5%. Il listino di Vienna, inoltre, sarebbe rischioso anche per il forte peso dei titoli finanziari (il 32% della capitalizzazione di mercato dell’indice Morningstar Austria), tra cui Raiffeisen Bank International, che soffrirebbero della cattiva intonazione del comparto in caso di innalzamento del rischio default per l’Italia. Sulla Borsa di Parigi, invece, pesa la presenza di gruppi che ricavano una parte significativa del loro giro d’affari nel Belpaese poiché controllano aziende italiane, come Kering che ha acquistato i marchi Gucci e Bottega Veneta, ed EssilorLuxottica (che nasce dalla fusione tra la francese Essilor e l’italiana Luxottica), nonché di società finanziarie come Amundi, AXA, Société Générale, BNP Paribas e Crédit Agricole molto attive sul territorio italiano. L’indice Morningstar Germany è sovraesposto al comparto beni di consumo ciclici, e in particolare alle industrie dell’auto e del retail come BMW, Daimler, Porsche Automobil, Volkswagen, Adidas, Hugo Boss e Zalando che producono una fetta significativa del loro business in Italia.

Figura 2

I paesi meno esposti 

Gli investitori che volessero tutelarsi dal rischio paese potrebbero guardare al listino norvegese, dove solo l’1,2% del fatturato aziendale è prodotto nella Penisola. Investire sulla Borsa di Oslo, però, implicherebbe una forte esposizione ai settori energia e materie prime che pesano sull’indice per oltre il 36%.Tra i mercati azionari dell’area euro, invece, quelli meno legati all’economia italiana sono quelli di Spagna e Belgio, per i quali l’Italia pesa rispettivamente per l’1,97% e l’1,77% del giro d’affari complessivo delle società quotate. Nel primo caso è forte il peso delle multinazionali come Banco Santander, Telefonica e BBVA che hanno forti interessi in America latina, mentre sulla Borsa di Bruxelles incide l’elevata capitalizzazione di mercato di gruppi finanziari molto legati all’economia domestica.

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