Gas naturale per sbloccare l’accordo con la Cina

A cura di Wings Partners Sim

Da tempo gli Stati Uniti sono in cerca di un mercato di sbocco per il proprio gas naturale, con la domanda cinese che potrebbe fornire esattamente il mercato di sbocco desiderato. Un patto potrebbe portare gli acquisti del Paese asiatico al 21% (dall’attuale 2%) delle importazioni complessive, portando gli americani a rappresentare il principale fornitore e riducendo così quel deficit commerciale oggetto di critiche da parte di Trump.

Esportazioni più elevate di gas natu-rale liquefatto (LNG) potrebbero raggiungere i 17 miliardi di dollari annui, riducendo sia lo sbilanciamento nell’import-export che rappresentando un risparmio per la stessa Cina, grazie alla com-petitività dei prezzi della commodity esportata dall’America. Secondo alcuni analisti si tratta di una conseguenza naturale dello sviluppo del mercato, con l’incremento della produzione USA che verrebbe compensato dalla salita dei consumi della controparte.

Attualmente la Cina ha però una barriera all’ingresso rappresentata da un dazio del 10% che colpisce proprio il LNG prodotto sull’altra sponda del Pacifico, che potrebbe salire al 25% in caso non venga firmato un trattato commerciale. In quest’ultimo scenario i prezzi del gas natu-rale negli Stati Uniti scenderebbero, rappresentando un danno per gli investimenti effettuati nel settore in questi anni, con un beneficio invece per Russia e Australia (gli altri principali fornitori della Cina).

Tuttavia, secondo fonti vicine alla Casa Bianca, non ci sono i presupposti ancora per arrivare ad un’intesa nel prossimo G-20 in Giappone, con il risultato migliore possibile che sarebbe limitato ad una ripresa della trattativa (sospesa da oltre un mese).

Secondo la prosecuzione dell’attuale stallo e l’aumento dei dazi reciprocamente imposti avrebbe un impatto negativo dell’1% sul PIL cinese, benché a livello commerciale gli ultimi dati rivelino come risulti mag-giore l’impatto sugli scambi per gli USA. Infatti le esportazioni cinesi del mese di maggio sono aumentate dell’1,1% annuo, a fronte di una contrazione dell’import dell’8,5%; il surplus com-merciale è quindi aumentato a $41,7 miliardi, contro i $13,8 di aprile, un dato che evidenzia come l’indebolimento dello yuan abbia in favorito le esportazioni cinesi, controbilanciato i dazi di Trump, creando al contempo una barriera all’ingresso, dannosa per gli altri Paesi.

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