Caccia ai rendimenti “decorrelati”: caduta (e ascesa?) dei fondi absolute return

A cura di Stuart Canning, M&G Investments

La caccia ai rendimenti decorrelati può diventare un’impresa pagata a caro prezzo, soprattutto in termini di costo opportunità. L’ascesa e la caduta dei fondi di tipo absolute return è un caso esemplare. Per anni, il settore Targeted Absolute Return è stato uno dei più frequentati dagli acquirenti di fondi britannici ed europei, ma tra gli enormi deflussi visti in tutta Europa e il fatto che alcuni hanno bollato questi fondi come “inutili“, si può dire che oggi prevale un certo disincanto.

Dovremmo esserne sorpresi? E questi cambi di moda nelle strategie di investimento possono darci qualche indizio sulle convinzioni attuali del mercato?

Ascesa e caduta

Per molti versi, non è propriamente una sorpresa. Al di là degli aspetti specifici diversi, in generale i fondi absolute return si erano posti un obiettivo molto ambizioso: generare risultati positivi, ampiamente superiori ai tassi a pronti, con una correlazione limitata con le asset class principali e una volatilità inferiore: in altre parole, qualcosa di molto simile al sacro graal degli investimenti.

Oltre a questo, l’espressione absolute return veniva interpretata sempre più spesso come sinonimo di “non subirà perdite” e i fondi corrispondenti erano percepiti come un’alternativa più sicura ad altre strategie o ai fondi multi-asset con una componente azionaria maggiore.

Per un settore giudicato in base a questi standard, c’era da aspettarsi che la delusione sarebbe arrivata prima o poi. È logico che, per un gruppo di fondi progettati per non assumere una quota significativa di rischio di mercato, la performance media sarà modesta. Semplicemente non c’è abbastanza alfa in circolazione: i risultati ottenuti saranno buoni per alcuni gestori e scarsi per altri, quindi la media sarà comunque bassa, anche nella migliore delle ipotesi.

In realtà è molto difficile trovare asset che siano liquidi e non correlati né con la crescita né con il livello dei tassi, fattore quest’ultimo cui sono tendenzialmente sensibili gli attivi che offrono flussi di reddito sicuri. Per alcune strategie, forse non è stato evidente negli anni immediatamente successivi alla crisi, quando gli spread del credito ampi e le curve dei rendimenti ripide offrivano remunerazioni attraenti, spesso scarsamente correlate con l’andamento delle azioni.

Ma i fondi con una sensibilità positiva ai tassi d’interesse si sono trovati stretti in una morsa, dal momento cruciale a metà del 2016. Prima di tutto, con i tassi così bassi nei mercati sviluppati, alle valutazioni vigenti i titoli sicuri non riuscivano più a offrire le remunerazioni a cui molti si erano abituati:

In secondo luogo, nel 2018 il contesto di mercato in evoluzione, prodotto dalla correlazione positiva fra azioni e obbligazioni, ha reso difficile per gli investitori generare guadagni in quasi tutte le asset class con le posizioni lunghe. Di conseguenza, tutte le strategie con una componente “long-only” prevalente, che facevano affidamento sulla diversificazione per ridurre la volatilità, si sono trovate in affanno, anche se finora nel 2019 potrebbero aver tratto vantaggio dal calo dei rendimenti obbligazionari.

Eterogeneità

Con questo non vogliamo dire che la delusione fosse inevitabile per i fondi absolute return di maggior successo, o che tali prodotti non possano avere un ruolo importante da svolgere per gli investitori da qui in avanti.

Al contrario, bisogna sottolineare che il rendimento assoluto è un obiettivo, non uno stile o una strategia a sé stante, ed esistono molti modi diversi di generare guadagni con un’esposizione relativamente bassa alle singole asset class, come l’approccio macro, i portafogli azionari long-short o il credito absolute return, solo per citarne alcuni. Non tutti i fondi hanno inseguito le dinamiche tassi/credito positive descritte sopra, anzi, probabilmente la maggior parte a non l’ha fatto.

L’eterogeneità degli approcci di investimento nel settore è il motivo per cui è così difficile generalizzare, salvo per il fatto che ottenere risultati positivi senza assumere un’esposizione significativa al mercato nel suo complesso sarà sempre molto difficile.

Costo opportunità

Se le generalizzazioni sul settore absolute return lasciano il tempo che trovano, il grande interesse riscosso da questi fondi negli ultimi anni ci dice qualcosa di interessante sulla psicologia degli investitori in senso lato. Il desiderio di rendimenti decorrelati (dalle azioni) riflette una persistente avversione al rischio azionario che nasce dal trauma provocato dalla crisi finanziaria globale del 2008 e dalle crisi del debito sovrano europeo nel periodo 2010-2012.

Come abbiamo sostenuto all’epoca del momento cruciale, lo scarto di valore creato da questa avversione alle azioni a favore degli asset sicuri era destinato a generare rendimenti decisamente più alti per le azioni da quel punto in poi… anche se gli investitori avrebbero dovuto essere disposti ad accettare la volatilità per raccogliere i benefici (ed è quello che illustra il grafico 1).

Se da un lato le performance del settore absolute return nel complesso sono state senza dubbio deludenti, è probabile che gli investitori provino anche rimpianto per la sensazione di aver perso una buona occasione.

E adesso?

In generale, probabilmente gli investitori non hanno l’impressione che l’ambiente finanziario globale stia diventando più facile da gestire, con i venti di guerra fredda fra Stati Uniti e Cina, il rischio politico in Italia, le migliaia di miliardi di obbligazioni che offrono rendimenti negativi e un presidente USA che cambia linea politica a colpi di tweet.

Il premio al rischio azionario elevato e le aspettative sui tassi d’interesse depresse suggeriscono un futuro all’insegna del rischio e dell’incertezza, con i timori per le sorti della crescita globale che prevalgono sulla speranza di guadagni futuri. Niente lascia presagire che gli acquirenti di fondi si stiano spostando dall’absolute return verso il settore azionario, per esempio.

In questo contesto, l’offerta di rendimenti superiori a quelli della liquidità con una volatilità contenuta continua ad essere enormemente appetibile. Sono questi i risultati cui ambiscono i fondi absolute return, che infatti sono ancora molto richiesti, ma resta da vedere se gli investitori useranno gli stessi fondi in futuro o cercheranno approcci alternativi. Le strategie private o illiquide possono beneficiare degli afflussi dovuti alla bassa correlazione percepita, ma gli investitori dovrebbero sempre considerare i rischi sottostanti che stanno assumendo e diffidare dalle mode negli investimenti.

Torna la dispersione delle valutazioni

Un fattore che risulterà incoraggiante per alcuni investitori lungimiranti è la dispersione delle valutazioni attualmente evidente fra le asset class e al loro interno, una situazione che presenta opportunità ma non garanzie, come hanno sperimentato gli investitori value negli ultimi anni.
In ogni modo, la sfida fondamentale resta la stessa: generare guadagni con una bassa volatilità e una bassa correlazione continuerà ad essere molto difficile e solo pochi ci riusciranno, purché assumano davvero rischi limitati.

Sarà il tempo a dire se anche il rimpianto sarà un fattore in gioco nel 2022 come lo è nel 2019 per coloro che non hanno voluto prendere rischi negli anni recenti. La paura della volatilità nel breve termine è un sintomo acuto dei nostri tempi che gli investitori con un orizzonte più esteso farebbero bene a ignorare – una scelta destinata, con ogni probabilità, a rivelarsi di nuovo premiante.

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