L’oro ha ancora spazio di salita?

Di Peter Rosenstreich, Head of Market Strategy di Swissquote

La riunione della FED non è risultata particolarmente spettacolare, dal momento che i tassi di interesse sono rimasti invariati nonostante il messaggio sia stato inviato chiaro e forte. Rimuovendo l’aggettivo “paziente” dal comunicato ufficiale, la Fed si è spostata sull’asse dovish: mentre le considerazioni sull’economia sono risultate ottimiste, i cambiamenti nella direzione di politica monetaria venivano giustificati da uno scenario inflattivo debole, il mercato sta prezzando ora la probabilità di tre tagli nel 2019 e precisamente sconta già il 100% di una prima sforbiciata a luglio e due ulteriori.

I riflessi sulla propensione al rischio non si sono fatti attendere con gli indici azionari Usa che sono risaliti marginalmente (ad eccezione dei titoli bancari) mentre il dollaro ha ripreso la sua discesa nei confronti delle principali monete del G10. Con le attese di una nuova svalutazione della divisa americana, l’oro non ha potuto che risalire da 1357 a 1394 dollari in un’unica seduta, sulla base della storica correlazione inversa (e tuttora molto intensa) che il metallo prezioso detiene con i rendimenti dei titoli di Stato Usa.

Pertanto, dal momento che la mossa intrapresa dalla Fed spingerà i rendimenti ancora più in basso (i rendimenti sulle scadenze a 2 anni sono scese velocemente da 1,87 a 1,73%) il futuro dell’oro potrebbe risultare ancora più radioso dell’attuale. Con il Presidente Trump che non nasconde dai suoi tweet di volere un dollaro più competitivo e un Powell che sembra soccombere, l’oro potrebbe nuovamente forgiarsi del titolo di asset complementare al dollaro.

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