Brembo vorrebbe fare un’acquisizione, ci riuscirà?

Brembo potrebbe mettersi in luce nel corso della seduta odierna, dopo che il vice presidente esecutivo, Matteo Tiraboschi, in un’intervista è tornato a parlare della volontà della società di realizzare un’acquisizione “di un certo peso”. Gli esperti di Equita Sim (che sul titolo esprimono un giudizio neutrale, “hold”, nonostante un prezzo obiettivo di 12,3 euro, rispetto ai 10,1-10,2 euro attuali) non ravvisano tuttavia elementi di novità che inducano a pensare ad un annuncio in tempi brevi.

M&A in vista per Brembo?

In ogni caso, l’eventuale preda dovrà essere “sana” (non si tratterà dunque di una storia di ristrutturaizone) il che indica come l’operazione potrebbe essere accrescitiva in termini di utili per azione già nel breve termine ma, spiegano gli uomini di Equita Sim, andranno comunque valutati multipli, sinergie e rischio di diluizione del premio che storicamente viene riconosciuto al “core business” di Brembo, le cui quotazioni, vale la pena di ricordare, sono comunque in calo di circa il 15% rispetto a 12 mesi fa, mantenendosi da almeno tre mesi attorno ai livelli attuali.

Nell’intervista Tiraboschi ha sottolineato come la futura acquisizione dovrà essere “coerente con il nostro business” e come l’attività della società target dovrà “combinarsi con quello che facciamo, creando valore aggiunto al gruppo”, “che abbia senso per noi”. Caratteristiche che portano Tiraboschi a dubitare che possa trattarsi di un’azienda italiana: “meglio in Europa, culturalmente più vicina a noi, o in Usa”. Ma il gruppo presta anche “grande attenzione alla Cina, dove ci sono tante competenze e tecnologia”, visto anche che l’Asia resta il mercato “con le maggiori potenzialità di sviluppo” al momento.

Ma allora chi potrebbe essere l’obiettivo ideale per il gruppo italiano, che in Borsa vale poco più di 3,3 miliardi di euro e lo scorso anno ha fatturato 2,64 miliardi con un Ebitda di circa 480 milioni e un utile ante imposte di oltre 325 milioni? Considerando che anche il fondatore e maggior azionista, Alberto Bombassei, ha più volte espresso l’intenzione di scendere anche sotto il 50% pur mantenendo il controllo di un gruppo di maggiori dimensioni? Se si guarda ai soli numeri, salta all’occhio il nome della statunitense Wabco, con 2,7 miliardi di dollari di fatturato annuo, per circa il 60% derivante dalle vendite in Europa e per il resto dall’Asia-Pacifico e ulteriori mercati minori.

L’integrazione “culturale” ma anche in termini di aree geografiche servite sarebbe agevole. Ma anche nel caso della giapponese Akebono Brake Industry (243 miliardi di yen, ossia quasi 2 miliardi di euro di fatturato annuo, per circa la metà negli Usa e per un terzo in Giappone) un’integrazione avrebbe senso. In Europa potrebbe “far gola” la tedesca Knorr-Bremse, se non fosse che fattura più del doppio di Brambo, oltre 6,2 miliardi di euro l’anno, e che ha una capitalizzazione di mercato quasi cinque volte superiore, pari a 15,65 miliardi di euro. Decisamente un boccone troppo grosso.

I giudizi degli analisti su Brembo

L’idea che possa invece essere un produttore cinese per ora resta sullo sfondo, con la minaccia di una guerra commerciale Usa-Cina sempre pendente. Forse anche per questo gli analisti al momento sono tutti prudentemente neutrali sul titolo (cinque giudizi “hold” su cinque analisi relative a Brembo), con un prezzo obiettivo di consenso di 11,2 euro che incorpora un potenziale rialzista inferiore al 10% ai livelli attuali a fronte di un rapporto prezzo/utile di 12,8 volte circa (l’utile per azione 2019 è infatti stimato pari a 78 centesimi di euro, in media).

 

 

 

 

 

 

 

A cura di Luca  Spoldi, Cefa, 6 In Rete Consulting Ceo (www.6inrete.it)

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