L’italiano in vacanza. Ovvero: le apparenze ingannano, anche in finanza

A cura di Abalone Group

Durante un afoso pomeriggio primaverile un signore italiano entra in una banca di New York e chiede di parlare con l’impiegato addetto ai prestiti. Spiega al funzionario che deve recarsi in Italia per due settimane a trovare la famiglia d’origine ed ha bisogno di un prestito di 5.000 dollari. L’impiegato gli spiega che la banca è disposta a concedere il prestito ma richiede alcune forme di garanzia. A questo punto il signore tira fuori dalla tasca le chiavi di una Ferrari e le appoggia sul tavolo; consegna anche il libretto di circolazione dell’auto, tutti i documenti dell’assicurazione e fa notare che l’auto è nuova di zecca, parcheggiata in strada proprio di fronte alla banca. Il funzionario accetta volentieri l’auto come garanzia collaterale del prestito e da subito ordine ad un fattorino di portare l’auto nel garage sotterraneo della banca. Per alcuni giorni il presidente dell’istituto ed i funzionari fanno battute su questo italiano che utilizza una Ferrari da 250.000 dollari come garanzia per un prestito di 5.000 dollari. Due settimane più tardi l’italiano ritorna, restituisce i 5.000 dollari e paga soddisfatto gli interessi pari a 16 dollari e 44 centesimi. A questo punto il funzionario incuriosito gli chiede: “Gentile signore, siamo veramente lieti di averla avuta come cliente e questa operazione è andata molto bene. Però, ci deve scusare: siamo un po’ confusi. Abbiamo cercato qualche informazione su di lei e abbiamo visto che è un multimilionario. Ci chiediamo come mai le servisse un prestito di 5.000 dollari per andare in vacanza”. Al che l’italiano risponde: “Ma secondo lei, dove posso trovare a New York un posto dove parcheggiare una Ferrari per due settimane a soli 16 dollari e 44 centesimi sperando di ritrovarla al mio ritorno?”.

Strategia e progettazione per gestire la complessità della realtà

Nella vita molto spesso le apparenze ingannano ed il settore finanziario non fa eccezione: i portfolio manager sanno bene che i movimenti dei prezzi spesso non seguono dinamiche in linea con le logiche di mercato, con le notizie e con i dati. Le cause di queste apparenti irrazionalità vanno ricercate nel fatto che la realtà è troppo complessa per poter essere compresa nel suo insieme e le informazioni che abbiamo sono limitate ed incomplete. Quando si progetta una strategia di gestione è importantissimo avere ben chiaro questo concetto altrimenti è facile commettere errori grossolani che compromettono irrimediabilmente la performance del portafoglio.

Il caso dei bond e dell’inversione a U delle aspettative sui tassi

Per capire di cosa stiamo parlando facciamo un esempio molto attuale e consideriamo ciò che sta succedendo nel settore obbligazionario: molti investitori nel 2018 hanno chiuso o ridotto le posizioni lunghe immaginando che la compressione dei rendimenti dopo esser durata alcuni anni fosse finita, eccessiva ed insostenibile. Coloro che hanno ridotto queste posizioni evidentemente non hanno valutato a fondo quali sono le dinamiche principali che impattano sul pricing obbligazionario e hanno agito d’istinto, facendosi fuorviare da dati parziali e da analisi incomplete. Molti analisti ad esempio non hanno considerato che il trend d’invecchiamento della popolazione e la deflazione tecnologica sono diventati fattori persistenti e contrastano le spinte inflattive in modo strutturale. Come se non bastasse la crescita economica mondiale, seppur buona, è distribuita a macchia di leopardo, in alcune aree non è soddisfacente e su scala planetaria c’è molta incertezza geopolitica. In un contesto del genere è davvero difficile pensare che le banche centrali possano intraprendere percorsi prolungati e duraturi di rialzo dei tassi, semmai il contrario.

Inoltre non si può non considerare che l’enorme quantità di liquidità immessa sui mercati in questi anni dalle banche centrali deve trovare un’allocazione e dev’essere investita indipendentemente dai livelli dei tassi di rendimento che offrono le obbligazioni: tutti i principali fondi d’investimento (fondi UCITS e fondi pensione) sono costretti dalle normative ad allocare la liquidità e questo dettaglio spesso viene trascurato ma in realtà è molto importante. Attualmente molti investitori non comprano debiti per trarne un beneficio in termini di rendimento ma lo fanno perché, analogamente al turista italiano che si è recato nella banca Newyorkese, hanno necessità assoluta di parcheggiare la liquidità. Quindi tutti coloro che nei mesi scorsi sulle spinte emotive hanno ridotto le esposizioni obbligazionarie si sono comportati un po’ come l’impiegato di banca che ironizzava sul suo cliente senza considerare che la realtà spesso è più articolata di come appare. Se ne conclude che per una buona gestione è molto importante progettare con rigore strategie precise e resilienti che permettano di gestire le sensazioni, il panico e le paure che quasi sempre sono fonte di errore.

Il Quantitative Easing interessa anche il settore azionario

Per un motivo analogo a quello appena visto, penso che si debba essere molto cauti nell’affermare che ci siano buone possibilità che il mercato azionario collassi nel caso sopraggiungesse una fase recessiva. Come abbiamo visto nei report dei mesi scorsi, se è vero che i prezzi dei mercati azionari sono vicini ai massimi è anche vero le valutazioni sono distanti dai massimi e ricordiamoci che “Beati monoculi in terra caecorum”: in un momento di tassi vicini allo zero o negativi anche dividend yields del 3% o 4% possono sembrare straordinari ed irresistibili (soprattutto se associati a corporate businesses che appaiono estremamente resilienti e sostenibili). Ventidue secoli fa Archimede aveva capito l’importanza del principio dei vasi comunicanti: visto che è uno dei driver principali per la determinazione dei prezzi degli asset finanziari facciamo attenzione a non dimenticarlo proprio ora.

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