Usa-Cina, l’impatto sui mercati e sugli investimenti secondo Lombard Odier

Il 1° agosto 2019 Trump ha proposto di imporre delle tariffe doganali del 10% su tutte le merci cinese importate che, finora, non sono state interessate dalla precedente ondata di dazi – ossia circa 300 miliardi di dollari in termini di merci. Questa misura, che dovrebbe entrare in vigore il 1° settembre, andrebbe ad aggiungersi ai 250 miliardi di dollari di merci cinesi già colpite da una tassazione del 25%. L’elenco delle merci interessate, questa volta, include una quantità significativa di beni di consumo, un passo che l’amministrazione statunitense ha evitato di intraprendere nei cicli precedenti.

Questa decisione ha destato sorprese vista la “tregua” raggiunta tra Trump e Xi a fine giugno durante il summit del G20 di Osaka e dopo la ripresa dei negoziati tra le due parti. Il primo incontro tra gli esponenti di alto livello dei due paesi si è tenuto a Shanghai a inizio settimana scorsa, mentre il prossimo è previsto a Washington per l’inizio di settembre.

Tuttavia, il presidente Trump ora ha deciso di rispondere alla mancanza di progressi nei negoziati incrementando ulteriormente le tensioni, sperando forse che la minaccia di nuove tariffe possa spingere la controparte cinese a cercare giungere più velocemente a un accordo. La risposta della Cina è stato il deprezzamento dello yuan (il tasso di cambio USD/CNY ha superato i 7 punti) e la sospensione delle importazioni di prodotti agricoli dagli Stati Uniti.

Nel frattempo, durante il meeting della scorsa settimana la Federal Reserve (Fed) ha approvato il tanto annunciato taglio dei tassi di interesse (il primo in oltre un decennio) e ha comunicato la fine anticipata del processo di riduzione del bilancio. Le dichiarazioni del presidente Powell, che ha sottolineato che questa decisione rappresenta un “aggiustamento di metà ciclo” piuttosto che l’inizio di un ciclo di allentamento, hanno inizialmente deluso i mercati ma, l’allentamento delle tensioni commerciali implica che, in risposta, la Fed potrebbe dover adottare una posizione più accomodante.

Ecco di seguito la view, l’outlook sui mercati finanziari e l’impatto sugli investimenti alla luce di questo scenario di a cura di Carolina Moura Alves, Head of Asset Allocation, Bill Papadakis, Macro Strategist e Vasileios Gkionakis, Global Head of FX Strategy di Lombard Odier.

Impatto di mercato e posizionamento del portafoglio

Per gli investitori l’esito del meeting della Fed è un taglio dei tassi “falso” e sono rimasti delusi dalla mancanza di impegno della banca centrale per un prolungato ciclo di allentamento economico. Inoltre, il Tweet del presidente Trump che annuncia nuovi dazi sulle merci cinesi ha ulteriormente irritato gli operatori del mercato. Questo si è tradotto in un calo dei prezzi azionari (Euro Stoxx 50 -4,3%, S&P 500 futures -3%, CSI 300 -4,1%), in un aumento del prezzo dell’oro (+3%) e l’apprezzamento del cambio JPY/USD (2,4%), al 31 luglio. Inoltre, i rendimenti dei Treasury statunitensi sono ulteriormente calati (i rendimenti a 10 anni sono scesi di -25 punti base) e i futures dei Fed Fund stanno attualmente incorporando una riduzione dei tassi di 60 punti base entro la fine dell’anno (anche se i loro movimenti a margine del meeting della Fed avevano suggerito una riduzione di soli 32 punti base).

Performance delle nostre posizioni tattiche

Le decisioni di asset allocation prese negli ultimi mesi – privilegiando le strategie di carry rispetto alle azioni, cercando di ottenere al contempo sia diversificazione e sia copertura – hanno portato ottimi risultati in questo periodo. La nostra posizione sottopesata nell’azionario dei mercati emergenti e nelle small cap a livello globali hanno contribuito a limitare le perdite complessive in portafoglio. Stesso discorso vale per le nostre posizioni sovrappesate nell’oro e nello yen giapponese. Nel frattempo, le nostre strategie carry preferite – obbligazioni in valuta forte dei mercati emergenti e infrastrutture – hanno riportato performance ragionevolmente buone.

Le nostre posizioni tattiche hanno contribuito positivamente alla performance del portafoglio, fattore che conferma ulteriormente la nostra posizione difensiva. Continuiamo ad affrontare l’incertezza sulle tensioni commerciali in un contesto in cui la crescita globale sta rallentando. Se da un lato le banche centrali hanno dimostrato la loro volontà di sostenere il ciclo economico, dall’altro l’attuale contesto di mercato giustifica la mancanza di variazione dell’attuale posizionamento del nostro portafoglio.

Tuttavia, continueremo a monitorare gli sviluppi sia sul mercato che sul fronte macroeconomico e saremo pronti ad agire quando e se emergeranno delle opportunità.

Implicazioni per il mercato valutario

Per quanto riguarda le valute, manteniamo la nostra esposizione lunga sullo yen giapponese (JPY) in tutti i portafogli. Da tempo sosteniamo che lo yen ci permette di esprimere una visione direzionale (JPY in rialzo a causa della sottovalutazione, della scadenza del ciclo economico e dell’easing della Fed) e contemporaneamente funge da copertura agli shock del mercato, soprattutto in un periodo di elevate preoccupazioni in ambito commerciale. Allo stesso tempo, stiamo diventando gradualmente più neutri sulle valute dei mercati emergenti (a causa del calo delle fiducia che subisce il contraccolpo dalle tariffe aggiuntive e del potenziale impatto sul commercio globale); e mentre prevediamo ancora che i carry trade riescano a riportare buone performance e, visto il nuovo calo dei rendimenti statunitensi, riteniamo che l’azione sui prezzi sarà più volatile. Infine, alla luce dei recenti sviluppi della guerra commerciale USA-Cina, abbiamo modificato alcune delle nostre previsioni per il G10 e per lo CNY. Nei prossimi giorni comunicheremo eventuali cambiamenti potenziali.

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