Usa vs Cina, “Un tocco di zenzero”

A cura di Aqa Capital

Vasilis: «Quando si parte da un posto, bisognerebbe parlare del posto in cui si va… e non di quello che ci si lascia alle spalle»

Un tocco di zenzero, film del 2004 di Tassos Boulmetis

«Stiamo andando molto bene con la Cina, ci parliamo!», ha dichiarato il presidente americano, Donald Trump, riferendosi alle trattative commerciali. I mercati sperano che Washington e Pechino, ora, discutano – come suggerito nel film Un tocco di zenzero – del “posto in cui andare”, ovvero verso un accordo che ponga fine alla guerra dei dazi, evitando di rivangare tutte le discordie che si lasciano alle spalle. Le parole di Trump arrivano dopo quelle del suo principale consigliere economico, Larry Kudlow, il quale ha detto domenica che le due superpotenze stanno attivamente provando a riportare i negoziati sulla buona strada. E a spingere per una pace definitiva è anche l’amministratore delegato di Apple, Tim Cook, che ha di recente incontrato proprio il presidente americano. L’inquilino della Casa Bianca ha successivamente dichiarato il manager «ha portato buoni argomenti» su come i dazi potrebbero danneggiare Apple a vantaggio di Samsung, dato che i prodotti del gruppo concorrente non sarebbero soggetti a quelle stesse imposte. Le premesse per un esito positivo dei negoziati tra Usa e Cina ci sono, tuttavia Trump ha precisato che, qualora Pechino decidesse di reprimere con la forza le proteste dei cittadini di Hong Kong, l’accordo potrebbe allontanarsi.

I riflettori dei mercati sono puntati anche sul simposio delle banche centrali di Jackson Hole, in Wyoming, a partire da giovedì, che raduna i maggiori banchieri centrali del mondo. Un appuntamento che arriva in un momento importante sia per la Federal Reserve che per la Banca Centrale Europea. La prima, infatti, deve fronteggiare le pressioni di Donald Trump a favore di una politica più espansiva, mentre la seconda ha in previsione per settembre un nuovo pacchetto di misure per contrastare il rallentamento dell’economia europea.

Proprio dal Vecchio Continente arrivano nuove analisi poco rassicuranti. La Bundesbank ha detto infatti di temere, dopo il calo del Pil tedesco nel secondo trimestre, un’ulteriore discesa anche nel terzo trimestre. La più grande economia europea potrebbe quindi entrare in recessione. In particolare, nell’ultimo rapporto mensile di agosto, la Banca centrale tedesca ha sottolineato come, nonostante il cattivo risultato del secondo trimestre sia dovuto anche a fattori straordinari, non vi sono finora segnali di ripresa. Le cause sono molteplici: diminuisce la produzione delle costruzioni per via dell’adeguamento stagionale, c’è una flessione delle esportazioni nel Regno Unito (a seguito di acquisti anticipati nel primo trimestre) e la domanda di auto è in stagnazione. La Bundesbank, inoltre, ha citato il continuo declino dell’industria, con un calo significativo degli ordini e una forte flessione degli indicatori del sentiment per le imprese manifatturiere.

Novità arrivano anche dal fronte Brexit. Il Sunday Times – l’edizione domenicale del Times, il più importante giornale del Regno Unito – ha pubblicato un documento riservato del governo britannico che contiene le previsioni sulle conseguenze in caso di No Deal, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza un accordo. Il documento parla, tra le altre cose, di gravi problemi derivanti dall’approvvigionamento di alimenti, medicinali e carburante. La carenza di determinati prodotti causerebbe un aumento dei prezzi che andrebbe a colpire soprattutto le fasce sociali più deboli della popolazione. Il governo britannico, guidato dall’antieuropeista Boris Johnson, ha risposto alla pubblicazione del documento dicendo che quelle analisi riguardano il precedente esecutivo di Theresa May, ma il Sunday Times ha ribattuto sostenendo che le previsioni siano tutt’ora valide. La speranza dei mercati è che Londra riesca a trovare una soluzione condivisa con l’Ue. Anche in questo caso sarebbe meglio parlare del posto in cui andare, lasciandosi alle spalle i dissapori passati.

Passiamo al Giappone, dal quale arrivano dati macro negativi. A luglio ha infatti registrato un disavanzo commerciale a seguito di un ulteriore calo delle sue esportazioni, soprattutto in Asia (tra le cause vi sono il rallentamento dell’economia globale e la guerra tariffaria tra Washington e Pechino). Di preciso, la bilancia commerciale delle merci si è contratta del 9,8% su base annua a -249,6 miliardi di yen.

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